Pubblicato il: 21 Maggio, 2008

Rivesgliamo le nostre coscienze: intervista a Carmen Consoli

carmen_consoli1Gli occhi le brillano, le mani quasi tremano, ma la voce di Carmen Consoli echeggia in tutta la piazza, quasi come un urlo alle coscienze di chi era presente e anche di chi invece era nascosto dietro le persiane della propria casa. La incontro sabato 10 maggio, il giorno successivo al corteo in ricordo di Giuseppe Impastato, proprio davanti casa di Peppino. Sullo sfondo, l’immagine del ragazzo ucciso e quella di sua madre, che Carmen si gira più volte a guardare nel corso della nostra conversazione perché “molto si capisce – mi dice – anche soltanto osservando i loro semplici tratti del viso”.

A Cinisi un concerto che unisce una voce illustre ad una persona che crede fortemente nella commemorazione di Peppino Impastato.

Come diceva Giovanni (Impastato, fratello di Peppino) la memoria aiuta a costruire un futuro: pertanto è importante preservarla facendo sì che possa diffondersi il più possibile perché diventi letteratura, una traccia indelebile nel patrimonio genetico soprattutto del nostro popolo. Per questo tra le mie canzoni rientra “Ciuri di Campo”, una poesia scritta dai compagni di lotta di Peppino e musicata dai Lautari. Anche se per il suo ricordo non basta neppure una distesa intera di ciuri di campo!

Come hai conosciuto e ti sei avvicinata alla storia di Peppino?

Mi sono avvicinata con un grande senso di mortificazione, quasi con vergogna, sentimento inevitabilmente legato al luogo in cui viviamo. A volte non capisco questa pigrizia nel volere considerare che sono esistite persone come Peppino, Libero Grassi, Falcone. Vedere certe interviste a vostri compaesani (di Cinisi) che facevano finta di non sapere chi fosse Impastato (tra i contenuti extra del film “I cento passi”) e contemporaneamente sapere che da Milano a Roma lui è conosciuto mi fa uno strano effetto. È importante la conoscenza, lo stimolo all’approfondimento. Nella vita sono necessarie le motivazioni e questo della conoscenza è un forte input: se tu accendi la lampada per un altro alla fine ci vedi meglio anche tu.

carmen_consoli2Credi che questa indifferenza sia un retaggio del potere politico mafioso oppure sia insito nella cultura siciliana? E, usando le parole della tua canzone “Malarazza”, credi che sia arrivato il momento in cui il popolo siciliano prenda il bastone e tiri fuori i denti?

Si, Peppino ci ha insegnato che probabilmente questo bastone è la cultura. La conoscenza aiuta anche a fare delle scelte coscienti per sé e per il proprio paese. Qualcuno dice che la mafia non esiste e allora io mi dico che nella generale indifferenza del popolo italiano abbiamo una coscienza addormentata e rincoglionita. Un difetto perpetrato da una funzione devastante dei mass media, da un’informazione a metà che, come dice mio nonno, “addummisce u ciriveddu”. Per questo è necessaria una rivoluzione culturale. Bisogna risvegliarsi. Mi viene in mente il romanzo 1984 di Orwell, praticamente profeta del futuro. Addirittura i linguaggi desueti e i comportamenti a cui spingeva un sentimento come l’amore erano considerati un crimine, per cui veniva pubblicato ogni anno un vocabolario sempre più ristretto perché la mente non potesse pensare. Non è solo un problema di mafia siciliana, di omertà. Qua c’è proprio l’abiura della coscienza, del nostro passato. Di fronte ad una paura cui noi italiani ormai abbiamo fatto il callo tra il timore di Dio, il timore della mafia, ecc. abbiamo trovato la formula dell’omertà: “non vedo, non sento e non parlo”. Invece testimonianze come quella di Peppino ci danno dimostrazione dell’esistenza di valori molto importanti: la libera scelta e il coraggio di assumersi le proprie responsabilità. La paura c’è ma si combatte nell’unione.

I tempi forse sono cambiati, la sostanza è sempre la stessa?

Certo, una volta la mafia vivacchiava con attività illecite tra (usando il dialetto) droga e alcool; oggi ciò che attira l’interesse delle grosse mani si chiama petrolio. È cambiata tutta una dinamica: vedo mafia, omertà nel modo in cui oggi ci prendono per il culo giustificando per amor della pace una sorta di democratizzazione di stati poco evoluti, di questa (a loro parere) massa di ignoranti. E tu senti in giro giudizi sull’Islam che rispettano in pieno questa costruzione formale e convenzionale, costruita e appiccicata dal lavoro quotidiano che svolgono i mass media. Tutto questo per dire: nemico dell’omertà è la conoscenza profonda e non superficiale. Omertà è non volere sapere, tenere la testa sotto la sabbia come gli struzzi.

Gianluca Ricupati

Displaying 3 Commenti
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  1. Sonia Abrasco ha detto:

    Il discorso sulla mafia è molto ampio, di certo lo si collega al concetto di illegalità, di sopraffazione (come si è già scritto). Il termine ‘mafia’ in alcuni libri ‘nostrani’, specie appartenenti alle tradizioni popolari, viene associato al termine “maffia” che ad esempio veniva usato per descrivere individui carismatici, incantevoli, che insomma avevano “maffia” ovvero la capacità di attirare, ammaliare. Ma nel tempo questo termine ha acquisito ben altri significati e ad esso è stata associata la valenza di commistione tra politica e delinquenza. Non è facile stabilire se si tratti di un cancro sociale insito nella natura umana o se sia più legato a determinati territori o a specifiche realtà piuttosto che ad altre. Di certo non vedo differenza tra contesti sociali in cui il crimine, la violenza primeggiano dettati da meccanismi politici ed elevati ben definiti. In tal senso allora la Mafia è un male che non ha collocazioni geografiche. Ma come nasce e quando? Nonostante i vari studi effettuati, è proprio qui che subentra la confusione, la presenza di pareri divergenti,opposti, contraddittori, credo sia importante invece capire questi aspetti: l’origine, il principio, del resto è così che capiamo meglio ciò che ci circonda.

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  2. Girolamo Ferlito ha detto:

    La mafia più che altro è un concetto accettato storicamente. Nel suo senso più letterario e generico è una forma di prevaricazione sociale atta a delinquere ai danni dello Stato e dell’individuo. In sostanza una forma di terrorismo “astuto”, concedimi il termine approssimativo. La tua riflessione finale è quanto mai azzeccata se si considera, che forse nell’uso comune e spropositatamente (aggiungerei), per mal costume, è utilizzata proprio ad indicare questo tipo di prevaricazione sociale, delle volte per scoraggiare degli intenti considerati di intralcio in determinate attività. Un po’ come dire “fascista” a chi, secondo le proprie convinzioni, tende a prevaricare una forma libera di espressione. Del resto in una società infarcita di pregiudizi si è potuto assistere al facile atteggiamento di qualcuno nell’etichettare qualcosa in base a pseudo convinzioni dettate dalla propria esperienza personale, il più delle volte dall’ignoranza. Sta succedendo con gli stranieri in Italia o come, purtroppo, è sempre capitato nel caso di individui considerati “diversi”. Come puoi vedere gli uomini sono molto prevedibili nei loro atteggiamenti, decisamente scontati. L’utilizzo della lingua italiana è qualcosa di molto più sofisticato di quanto si possa intendere. Il discorso, però, si farebbe troppo lungo mi limito a sottolinearne solo qualche aspetto generico.

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  3. Saamaya ha detto:

    a volte penso che la “mafia” sia uno stato dell’essere umano e che ci si dia un alibi nel localizzare geograficamente questa entità, per non riconoscere che, certi meccanismi ci appartengono più di quanto crediamo.

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