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Abilitarsi al Cinismo

Migliaia le lettere al Ministro Gelmini  in questi ultimi anni;  pubblicate da Repubblica, l’Unità, o nel blog de Il Popolo Viola,oltre ai servizi televisivi, articoli di giornali, hanno  espresso il  malcontento, l’insofferenza, la disperazione, insieme alla rabbia per  le condizioni inaccettabili in cui da anni vive la Scuola in Italia.

E’, tuttavia, il momento, quello in cui viviamo adesso,  di porre fine agli epistolari finalizzati alla sola riesumazione di antichi Cahiers de doléances  di una Francia rivoluzionaria stimolata, almeno lei, in quel momento, da una speranza limpida e concreta, mentre in Italia abbiamo dovuto attendere il Risorgimento  per  ‘pensare ed agire’, dopo il quale  veder ripiombare il nostro paese nello stato di un irreversibile decadimento. E’ il momento di lasciare invece spazio a riflessioni, a denunce, a  proteste concrete, pacifiche e costruttive, per la difesa dei propri diritti e dei propri sentimenti, oltre che del proprio lavoro e della propria professione-vocazione.

Chi sta dentro la scuola ha visto, da più di 5-6 anni, il ripetersi di processi, ormai storici, che hanno lasciato e continuano a lasciare un profondo senso di amarezza,  sottolineando  solo l’inadeguatezza di leggi attuali ( obsolete e nocive) sull’Istruzione.  Il Ministero Gelmini, condizionato da Tremonti e con la benedizione del  ‘fu’ presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, non è che il colpo di grazia che va a demolire un  edificio pericolante, su  cui già altre leggi, basate sul precariato, avevano colpito in modo crudele ed incisivo.

Il precariato, vocabolo ormai di cui si fa uso e abuso, associato alla figura dei lavoratori che non sanno quanto ancora riceveranno uno stipendio, è solo, ci chiediamo, la condizione dei lavoratori ‘a cottimo’, a giornata, a minuto, a periodi? O la condizione di precariato non investe, piuttosto, tutte le sfere sociali e generazionali, comprendendo quindi, nel caso della scuola, anche gli alunni?

Dirigenti e Politici ammoniscono gli insegnanti affinché trasmettano ai loro alunni un inevitabile distacco ‘indolore’, un ‘trattamento di fine relazione’ composto, disciplinato, responsabile: guai a far vedere le lacrime, guai a far sentire la voce tremare mentre si spiega loro che i decreti decidono per noi e a noi non resta che eseguirli.

I sindacati proteggono i lavoratori, ma non gli alunni, i dirigenti dicono di proteggere gli alunni e invece proteggono le leggi (devono rispettarle del resto, è un loro dovere), ma gli insegnanti che lasciano spazio ad altri (che a loro volta hanno diritto di lavorare) da chi sono difesi? Si lavorerà ancora, certo, dopo la chiusura di un contratto se ne apre un altro: altre scuole, altri scenari, altri vissuti ed altre emozioni, ma la questione è anche un’altra.

Si accusano gli insegnanti di essere i fomentatori delle proteste degli alunni, dei minorenni che vengono quindi strumentalizzati. Ma non è nel ruolo dell’insegnante, specie di materie umanistiche, far capire loro il fondamento della Libertà di espressione, la difesa dei loro diritti oggi per evitare che domani siano loro  a vivere nello stesso estenuante nomadismo?

L’abilitazione, prima di tutto!

Ma non quella alle varie classi di concorso (presa per i fondelli, fonte solo di guadagno per chi deve solo impartire altri due anni o uno di teorie e storielle già conosciute),  ma l’abilitazione in una classe di concorso in cui ancora nessuno, fortunatamente, ci auguriamo, è riuscito ad abilitarsi, ma che nelle scuole di specializzazione,  decise da tutti i governi (di tutti i colori politici), è sempre parsa (ed ora più che mai) indispensabile.

Quell’abilitazione che molti insegnanti non vorranno mai ottenere, se per  conseguirla dovranno dimenticare di essere ‘solo degli esseri umani’.

Sabina  Corsaro