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Anoressia e bulimia: l’impietoso specchio dei giorni nostri

Ogni giorno, sui giornali, sul web e alla tv scorrono davanti a noi, immancabili, immagini di ragazze magrissime: è inutile dire che l’ideale di bellezza del ventunesimo secolo porta la 38, o forse anche un po’ meno. Insomma, è ufficiale: alle curve morbide di Marilyn Monroe o di Sophia Loren, noi rispondiamo con gli spigoli dell’anoressia e della bulimia. E gli appelli dei media per combattere un problema reale risultano, al fronte di tutto ciò, assolutamente inutili e stupidi, se poi nel concreto si continua a far passare per “bello” ciò che in realtà è “malato”. Ma quello che realmente dovrebbe far riflettere è il modo con cui queste malattie, che mietono vittime giovanissime e che sono in costante aumento, vengano banalmente sottovalutate, catalogate quasi come “capricci adolescenziali”, e non come pericolose patologie autodistruttive. Oltre al fatto che si tende sempre ad analizzarne l’aspetto puramente fisico, ma pochi ricordano che la vera sofferenza è quella interiore: ragazze (ed anche ragazzi, ultimamente) che, solitamente in soprappeso, provano sulla propria pelle la superficialità dell’emarginazione sociale ed il disagio della mancanza d’autostima tanto da privarsi da ciò che li tiene in vita. Insomma, un problema psicologico ma anche sociale: non a caso queste malattia si sono presentate per la prima volta in epoca medievale, quando ragazze giovanissime digiunavano nel tentativo di raggiungere la perfezione spirituale. Esse sono poi sparite fino agli ultimi decenni del ‘900, quando l’ideale di bellezza è diventato “xs”. La questione, però, non è così semplice: spesso il problema del “sono troppo grassa” non è solo negli occhi delle teenager, ma anche in quelli delle loro madri, terrorizzate all’idea di avere una figlia con qualche chilo di troppo. Inutile specificare l’importanza del modello che ogni madre costituisce per la propria figlia e gli strascichi che una disapprovazione materna pressante e continua nei confronti della fisicità dell’adolescente possa avere: certamente, l’obesità costituisce un grosso problema da combattere, e per questo bisogna educare i propri figli ad un’alimentazione corretta, ma metterli a dieta stretta inculcando loro fin da piccoli la paura di ingrassare e l’inadeguatezza nel sentirsi tali, è un’altra storia. Il problema è che pare che nel ventunesimo secolo non sia più concesso non essere perfetti: e così le madri più ambiziose ed esigenti con sé stesse riflettono sulle figlie tutti i sogni ed i desideri che sono rimasti nei propri cassetti. In molto casi, comunque, tutta la famiglia è coinvolta nella malattia: spesso, la patologia rappresenta una sorta di svincolo da una situazione frustrante e pressante, o comunque da un disagio vissuto proprio nell’ambiente domestico. Insomma: al di là delle bilance e delle dita in gola, c’è molto di più: un meccanismo di incertezze e cali d’autostima che noi, con la nostra ideologia e la nostra superficialità, contribuiamo ogni giorno ad oliare.

Sara Servidei