Associazioni no profit
Attenzione a non fare i furbi!
Ogni città è praticamente sommersa da associazioni di ogni tipo con finalità diverse di aiuto nei confronti della società e della comunità. Vi sono diverse forme giuridiche di associazione vale a dire: le onlus, le ong e le no profit. Ciò che accomuna queste forme è il fatto che non devono produrre alcun profitto personale cioè ogni centesimo che l’associazione riceve attraverso dei progetti o delle donazioni, deve essere reinvestito nell’associazione stessa comprando materiale ludico (se si tratta di un’associazione per aiuti alle famiglia), pagando l’affitto, pagando il personale e tutte le spese previste per l’attuazione di un servizio. Ma mai questo denaro deve essere preso dal presidente dell’associazione o dai suoi soci. Per l’utente i servizi erogati devono essere gratuiti o con un minimo contributo a titolo di rimborso spese. Gli operatori che vi lavorano dovrebbero essere volontari. Questo perché in genere un’associazione ha lo scopo di aiutare gli altri facendosi sovvenzionare dal comune o da donazioni private. Nient’altro. Ma ciò, ahimè, non viene rispettato. Infatti Clara, madre di una bambina di 2 anni, si è rivolta ad una associazione che offriva il servizio di asilo nido per bambini dai 2 ai 4 anni e, credendo di non dover pagare nulla o una cifra minima, le è stata richiesta invece una quota di €90 al mese per un servizio prestato dalle 8 alle 13. Ma come è possibile che un’associazione no profit chieda un profitto così alto? E ad una madre in condizioni svantaggiate? La Guardia di Finanza punisce una tale trasgressione. Questo le associazioni lo sanno e si sono fatte furbe. Proprio perché non possono dichiarare il denaro in entrata come pagamento, lo dichiarano come “donazione volontaria” da parte della comunità. È ironico come l’utente da aiutare diventi una vacca da mungere. Chi si riconosce nella storia di Clara non perda tempo. Denunci senza pietà.
Caterina Tipa