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“Bella e perduta”: la Verità del Risorgimento

“Bisogna riconoscere la verità morale e politica del Risorgimento”, spiega Lucio Villari. E’ il pomeriggio del 25 Febbraio, quando il suo “Bella e perduta” fa tappa alla Facoltà di Scienze Politiche di Catania. A introdurne la presentazione, il coordinatore del corso di Laurea in Storia contemporanea, Rosario Mangiameli. Relatori sono Giuseppe Barone, Enrico Iachello e Tino Vittorio. Si dibatte sulle interpretazioni del Risorgimento, sulle conseguenze di un’identità nazionale debole in un paese privo di memoria condivisa. Vittorio, professore di Storia contemporanea, prova a fare il ‘guastatore’: “L’unità italiana fu un cascame della politica estera inglese e francese. Un prodotto delle mire espansionistiche delle potenze europee, intervenute sulla Questione d’Oriente”. Una lettura del processo d’unità che non si discosta da quelle della storiografia recente. E’ qui che irrompe “la bella provocazione di Lucio Villari”, come la definisce il modernista Enrico Iachello. Quella di “uno dei pochi saggi divulgativi sulle vicende italiane che presenti un alto e raffinato profilo scientifico”. Di un racconto con una chiave d’approccio inedita: gli occhi dei giovani entusiasti che al Risorgimento nazionale [1]contribuirono. Ma come potrà essere accolto il libro? “Di Risorgimento non si parla più. Il paese ha perso il rapporto con le sue origini già nel secondo dopoguerra”. Fu per la presa di distanza dalla retorica del fascismo, “che pure a maneggiare il Risorgimento liberale, massone e cosmopolita aveva avuto più di un problema”. Giuseppe Barone rileva l’importanza di quest’opera divulgativa: “Se oggi il paese non ha coscienza della propria identità nazionale, la responsabilità è degli storici. Abbiamo sempre disdegnato di dedicarci al racconto dei fatti, salvo poi lamentarci che a produrlo fossero i giornalisti.”. “Un’intera generazione di studiosi figli dell’insegnamento gramsciano ha saltato il Risorgimento, valutandolo come un aborto di statualità”. “Eppure – sottolinea Barone – l’Italia non è il frutto di un’operazione di vertice, ma di un grande processo di nazionalizzazione romantica dei ceti medi delle città, già nelle vecchie forme statuali”. E Villari, in sintonia con l’interlocutore, precisa: “La musica, il melodramma, il romanzo…«La poesia del Risorgimento» costruì l’immaginario di una generazione pronta a combattere per gli ideali di libertà”. “Senza l’unificazione culturale romantica delle borghesie cittadine, l’Italia non si sarebbe fatta”. “Ora bisogna recuperarne la memoria”, conclude. Assieme al tempo perduto.

Enrico Sciuto