Pubblicato il: 17 Marzo, 2008

Cattelan: arte immorale?

cattelanCome diceva Matisse: “un’arte puramente intellettuale non può esistere”, nel senso che non può ritenersi completa, così come non può esserlo un’arte che sia colta dai soli sensi. Ai nostri giorni, in particolar modo, sembrerebbe che lo spessore del concetto abbia sostituito gli elementi formali di un’opera d’arte. Inevitabile appare allora il richiamo ad un fautore dell’arte provocatoria e dissacratoria del nostro tempo: Maurizio Cattelan. Il suo nome viene associato all’opera che, anni fa, fece scalpore suscitando lo sdegno dell’opinione pubblica, compresa quella dei critici e dei vari ‘addetti ai lavori’: l’opera era quella dei bambini appesi. Il ‘caso Cattelan’ riempì riviste e giornali e ancora oggi non è stato accantonato. Rappresentante di una nuova concezione artistica (più o meno discutibile), i suoi lavori suscitano una caterva di riflessioni di non poco conto. Escludendo a priori il paragone coi fenomeni da baraccone (quali le scelte legate esclusivamente alla squallida commercializzazione che si cela dietro orribili sperimentalismi, che farebbero rabbrividire le cavie dei laboratori, se avessero modo di riflettere), Cattelan costituisce una frattura, un segno esplicativo dei nuovi processi di sperimentazione del linguaggio artistico; le sue opere infatti mettono l’osservatore di fronte ad un bivio significativo: l’orrido carico di denuncia, espresso dietro parametri estetici contemporanei (ultimi derivati del filone realista e neorealista), da una parte; l’arte legata a linee e forme tradizionali che includono messaggi sociali, dall’altra. I fantocci che, anni fa, Cattelan appese su un albero e che furono tanto criticati, sono davvero, da un punto di vista artistico, distanti dalle raffigurazioni delle tenere carni torturate nelle stragi presenti nei dipinti di artisti di altre epoche? Non è un sacrilegio porre questo confronto, ma lo si commette se il confronto lo si fa solo col linguaggio artistico del passato: raffinato, ricercato, superbo, che rasenta la perfezione di linee e forme. Nella nostra società il linguaggio artistico si è modificato (forse talvolta impoverito) perché si è modificato e impoverito lo stesso linguaggio dell’uomo. Oggi si tende a sintetizzare, ad abbreviare, a cogliere il concetto più complesso mediante il minor numero possibile di frasi. Inoltre si è modificato il linguaggio nei suoi vari livelli ed ambiti perché sì è modificato il modo di confrontarsi e agire dell’uomo: la violenza sui bambini nella nostra società (pedofilia, maltrattamenti, abbandoni) viene oggi rappresentata artisticamente da Cattelan attraverso un impatto estetico crudo, violento, nauseante, persino orripilante. Come non pensare anche al cinema di Pasolini, caratterizzato dalla crudezza di alcune scene in cui i neonati vengono barbaramente condotti nei luoghi dei sacrifici per essere immolati? Eppure anche allora scattarono le accuse. Non è di certo il ‘caso’ a fare di un artista un grande artista: si pensi al caso, esclusivamente editoriale ed industriale, dell’effimera, banale (ed indefinibile) meteora dei Cento colpi di spazzola o a quello, un po’ più consistente, di tanta paraletteratura, ma è anche vero che l’arte, nei vari momenti storici, si è manifestata attraverso degli ‘stravolgimenti’ espressivi, attraverso il coraggio di osare e di rompere con la tradizione. Ma cosa si contesta esattamente delle opere di Cattelan? Le qualità artistico-formali o la nefandezza delle denunce in esse incluse? Lo sterile perbenismo non fa più testo. La scultura in cui Cattelan ritrae Hitler in ginocchio di fronte al mondo, o quella di papa Giovanni Paolo II colpito da un masso che sembra essergli precipitato dal cielo costringendolo a rimanere attaccato al suolo, non mostrano assenza di elementi artistici, sia dal punto di vista estetico che dal punto di vista contenutistico; il messaggio è immediato e incisivo, i mezzi con cui viene espresso sono legittimi. Come si può allora ‘aborrire’ di fronte a quest’arte? Possiamo attenderci ai giorni nostri un’arte che non si adatti al codice espressivo dell’uomo moderno? La risposta è semplice: o la si cerca nell’inesauribile emulazione del passato o, se vogliamo un’Arte ‘figlia dei nostri tempi’, accettiamo di avere quella che meritiamo.

Sabina Corsaro

Displaying 2 Commenti
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  1. Jeffrey75 ha detto:

    Secondo me è proprio questo “il male” sottolineato da te. Essersi fermati al medioevo e all’arte classica sta comportando un rigetto per l’arte contemporanea causato dallo “scetticismo” e dall’ignoranza. Ogni aspetto del quotidiano va evolvendosi e non per forza è sinonimo di decadenza e perdita dei valori. Bisognerebbe aprirsi mentalmente poiché solo così si possono apprezzare tutte le sfaccettature del nuovo millennio. Trovo l’arte di Maurizio Cattelan molto all’avanguardia e spregiudicata come forse è giusto che sia la nuova dimensione dell’arte.

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  2. David ha detto:

    Arte, non Arte? La questione è che si tratta proprio di Arte. Quel che la gente non capisce è che non amano l’Arte ma qualcos’altro. Invece di dire “questa non è Arte!”, dovrebbero dire “questa è Arte! E io aborro l’Arte”.
    Nell’immaginario comune l’Arte è, erroneamente, quella del passato e quando ci si ritrova davanti ad un Artista Contemporaneo ci si ritrova a confrontarlo secondo quell’immaginario e con quel che ne consegue.
    La confusione nasce dunque perché si considera l’Arte (concetto che nasce solo nel XVIII secolo) come naturale evoluzione dell'”arte” del passato, e ci si immagina che se Rembrandt vivesse ai nostri giorni si esprimerebbe come Cattelan!

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