Pubblicato il: 30 Ottobre, 2009

Che cos’è l’Inferno?

in-bruges-Secondo Ray, potrebbe passare tutta l’eternità a Bruges. Bruges è una cittadina del Belgio, tipica città del Nord Europa, pulita, quieta, ordinata, ci sono persino i cigni che nuotano nel fiume. Ray non lo sapeva, è stato mandato lì insieme al suo collega Ken ad aspettare. Devono aspettare che il loro capo li chiami e dica loro cosa fare, e nel frattempo non possono fare altro che stare tranquilli e visitare la città. Ray la odia, non fa proprio per lui. Eppure succederanno tantissime cose in questa città, che cambieranno la sua vita per sempre. È tra killer amanti dell’arte, killer pieni di sensi di colpa e altri pieni di senso dell’onore, nani cocainomani e razzisti, una donna bellissima, tentati sucidi e suicidi riusciti, e naturalmente tra le viuzze della piccola città belga che si dipana la storia di “In Bruges”, film del 2008 di Martin McDonagh. La storia inizia lentamente, tanto che a una prima visione i primi venti minuti di film possono persino scoraggiare. Ma col senno di poi proprio questa parte iniziale ci dice talmente tanto sui protagonisti che diventa quasi la parte più importante del film. Per quanto la figura del killer con una coscienza e con dei rimorsi sia ormai quasi stereotipata, McDonagh, pure sceneggiatore, riesce a tratteggiare la figura di Ray (un ottimo Colin Farrel) e del suo saggio e pacato collega Ken (un Brendan Gleeson ancora più ottimo) con dei piccoli tocchi e delle piccole contraddizioni che le rendono davvero profonde, così come profondo e per nulla banale è il rapporto, quasi padre-figlio, che li lega. Se aggiungiamo che il “cattivo”, interpretato da Liam Neeson, risulta essere paradossalmente l’uomo dalla morale più ferrea, capiremo come ciò che vediamo su schermo non sia affatto banale.

Dopo quei venti minuti, il film ingrana anche dal punto di vista del ritmo e ci trascina in un vortice di avvenimenti che pare inarrestabile e che ci conduce a un violentissimo finale quasi shakespeariano. Senza rovinare uno dei colpi di scena della pellicola, ci limitiamo a segnalare come punto di forza del film, la continua compresenza di elementi leggeri, scenari quasi da fiaba e esplosioni di violenza, caratteristiche che trovano perfetto compimento nella scena del suicidio di uno dei protagonisti, che con lo splendido sottofondo di “On Raglan Road” dei Dubliners risulta essere di una bellezza notevole. Azzeccata si rivela la scelta di ambientare il film a Bruges, luogo che raramente vediamo rappresentato e di cui molti non conoscono nemmeno l’esistenza (lo stesso Ray all’inizio dice “non sapevo nemmeno dove cazzo fosse, Bruges”), visto che riesce ad essere al tempo stesso fiabesca e claustrofobica, una prigione dalle sbarre dorate. Solo una certa volgarità nel linguaggio e qualche scena decisamente cruda potrebbero far desistere qualcuno dal vedere questo film, validissimo e ingiustamente passato sotto silenzio.

Tomas Mascali

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