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Cronache di uomini liberi: Fava e i Siciliani

«I mafiosi sono in ben altri luoghi e in ben altre assemblee: i mafiosi stanno in Parlamento, i mafiosi a volte sono ministri, i mafiosi sono banchieri, i mafiosi sono quelli che in questo momento stanno ai vertici della nazione.» (Giuseppe Fava)

Durante il primo incontro del progetto “Cronache di uomini liberi – Assemblee-dibattito sull’informazione in Sicilia e in Italia”, tenutosi lo scorso 14 Aprile nell’Aula Magna della Facoltà di Scienze Politiche di Catania, si è parlato di Giuseppe Fava e dell’esperienza del giornale antimafia “I Siciliani”. Prende la parola la figlia del giornalista ucciso dalla mafia nell’84, Elena Fava, la quale fa notare come le osservazioni di Fava fossero acute, lungimiranti, estremamente attuali. Parla del padre ricordandone la voglia di vivere e l’ironia che lo contraddistinguevano. Fava non era solo un giornalista, era un intellettuale a tutto tondo, si dedicava al teatro e alla pittura e anche lì raccontava e denunciava il male della Sicilia. Ma quando la verità venne messa sotto gli occhi di tutti, non più sotto forma di fantasie artistiche, ma con articoli al vetriolo con tanto di nomi e cognomi, Fava divenne scomodo, soprattutto perché allora si negava che il fenomeno mafioso esistesse anche a Catania («La mafia? È ormai dovunque, nel mondo: ma qui, a Catania, no. Lo escludo.»
[Intervista al sindaco Angelo Munzone su La Repubblica, 9 gennaio 1984] ). Secondo Riccardo Orioles, rappresentante dell’informazione indipendente in Sicilia (direttore responsabile de “I cordai” e del supplemento telematico “U cuntu” e di Telejato), Fava era riuscito a smuovere le coscienze dei catanesi, era riuscito a comunicare ed aveva mantenuto fino alla fine la sua dimensione umana: «era uno come noi, una persona allegra con improvvisi accessi di malinconia. Ciò che è stato iniziato da Fava continua ancora oggi, quindi Fava ha avuto successo.»

Ornella Balsamo