Pubblicato il: 25 Aprile, 2010

Dietro una vignetta: intervista ai Grasso

Matita, fogli, vignette, onomatopee, espressività, avventura. Sono alcuni degli ingredienti che stanno dietro ai fumetti, e dietro questi ingredienti vi è la figura del fumettista. Anzi, dei fumettisti, visto che abbiamo intervistato Silvio e Fabio Grasso, fratelli siciliani uniti dalla passione per i fumetti e dalla bravura nel realizzarli.

Parlateci un po’ di voi e della vostra passione per i fumetti.

SILVIO: Mi riesce difficile ricordare il mio primo fumetto. Sin da bambino ho sempre preferito disegnare le mie fantasie piuttosto che viverle attraverso i giocattoli. E crescendo,  accostandomi prima ai cartoni animati e poi ai fumetti, ho imparato a perfezionare questo modo di mettere le mie idee su tavole.

FABIO: Similmente anch’io ho iniziato da piccolissimo a disegnare. E ricordo che spesso ci ritrovavamo a realizzare delle storie assieme. Spesso ispirandoci ai primi cartoni giapponesi che si iniziavano a vedere in quel periodo.

Preferite il fumetto di stampo classico, quindi gli immortali Tex, Diabolik, Nembo Kid, Topolino, o vi orientate verso qualcosa di più moderno?

S: Premesso che i nostri primi accostamenti ai fumetti sono stati con Tex e Zagor (Bonelli, insomma), ben presto abbiamo iniziato a distaccarcene conoscendo autori stranieri come gli americani Buscema, Alcalà, Rudy Nebres; e i giapponesi Kentaro Miura, Inoue. Lo stile giapponese poi è quello a cui mi sono più avvicinato, perchè amo il dinamismo che sa trasmettere e la libertà  che traspare nella composizione delle vignette. E per Nembo Kid, va bene che non sono più un ragazzino, ma ai miei tempi si chiamava già Superman!

F: Io invece ritengo di aver mantenuto uno stile più europeo pur essendo anch’io influenzato dallo stile manga/comic.

Attualmente, grazie anche alla massiccia trasmissione di anime in tv, sono i fumetti orientali ad andare per la maggiore. Cosa ne pensate?

S, F: Beh, è il mercato. Se vanno così bene vuol dire che funzionano meglio degli altri. Anche se però va detto che, secondo noi, sull’onda del successo dei prodotti del settore si fa a volte l’errore di comprare anche materiale di bassa qualità. Ma questo in fondo succede in tutti i campi.

Pensate che lo scambio tra fumetti cartacei, serie animate e videogiochi favorisca il fumetto?

S: Perché no?  In fondo il fumetto è un mezzo per raccontare delle storie, e se un videogame ti può ispirare per delle idee, cosa c’è di male?

F: Anche se è vero che l’avvento di queste forme di intrattenimento ha in qualche modo limitato la diffusione della lettura dei fumetti va detto che il fumetto sta dando una grossa mano sia al cinema, con i vari supereroi che hanno fatto il loro esordio sul grande schermo, e sia ai videogiochi, dando una seconda vita a personaggi  che tra le vignette avevano perso un po’ di smalto.

Pensate che in Italia il fumetto si debba adattare alla richiesta del mercato, magari orientandosi proprio verso i manga, o credete ci sia spazio per la nascita di qualcosa di originale?

S: Adattarsi non mi sembra la parola giusta. Io penso che non bisogna disprezzare o sottovalutare una forma d’arte solo perché viene da una cultura lontana dalla nostra. Ritengo sia più saggio analizzarla , capirne le caratteristiche, i punti di forza. E magari trovare la maniera per fare qualcosa di proprio che riesca a sfruttare (in maniera originale) quei punti di forza.

F: Noi in qualche misura ci stiamo provando con la nascita delle rivista a fumetti :”Fumetti al Cubo” che riprende un po’ le vecchie riviste di fumetti come “Il Monello” o “L’Intrepido”.

E’ possibile nell’attuale panorama italiano la nascita di qualcosa come Akira o Watchmen? Vi sono le risorse per progetti di alto livello?

S, F: Riteniamo che qui il problema non sia che manchino le menti per concepire progetti simili o magari , perché no, anche migliori. Il problema secondo noi sta nel fatto che gli editori difficilmente correranno il rischio di appoggiare un progetto innovativo e si affidano sempre a cliché rodati e sicuri. Soprattutto in un regime di crisi come quello che stiamo passando.

Tomas Mascali

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