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Galizia, a tavola tra miti e leggende

La Galizia è terra di mare e il mare, come Baricco ci insegna, è sinonimo di racconti e miti. Molti da sfatare. Paradossalmente i primi a dover essere rivisti sono quelli che riguardano la cucina. Partiamo dal vino. Il nord della Spagna, nonostante rare eccezioni come il Ribeiro galiziano, non è terra adatta alla coltivazione della vite. Non a caso sarà molto più facile trovare un rosso proveniente dalla regione della Roja. Più diffusa, invece, è la produzione e il consumo di sidro nelle regioni vicine delle Euskadi e delle Asturias o di birra, come la locale Estrella. Se nell’immaginario dei turisti d’Oltreoceano l’Italia è il famoso trittico composto da O’sole mio, Pizza e Mandolino, nonostante magari ci si trovi nella bergamasca, il rischio per i più sprovveduti è identificare la Spagna con la Paella, il Flamenco e la sangria. Ebbene, a nord la sangria non è proprio in voga. Sarà che non c’è questo culto per il vino, ma viene prodotta solo nei giorni di festa. Stesso discorso per la paella. Cosa paradossale se si pensa alla vicinanza al mare, ma il rischio è di vedersi servire un prodotto preparato amorevolmente dalle mani liofilizzate dal cugino iberico del Sig. Findus. Il surgelato è internazionale, non scordiamocelo. Piuttosto se si vuole assaggiare del buon pesce il consiglio è quello di buttarsi sul pulpo a la galega, polipo bollito condito con olio e pimentòn (paprika) e servito ancora bollente in un letto di patate. Per gli stomaci più piccoli –leggasi amanti del brodino- il caldo gallego è un ottimo compromesso: minestrone di cavolo, patate e fave con pezzi di maiale e vitello. A volte a galleggiar all’interno un chorizo, solitario Nautilus di salsiccia piccante. Insomma, sostanza mascherata in un abito di leggerezza. Le calorie qui vanno alla grandissima, anche un’innocente sfoglia come un’empanada può nascondere un cuore di spessore. Una ricca tradizione culinaria che riguarda sia portate di carne, solitamente alla griglia – le churrascos – e di pesce e crostacei, pescado e mariscos. Qualche nota tecnica. Nonostante la vicinanza al mare e l’abbondanza di pesce non lasciamoci irretire da alcuni avventori fuori dai locali. Specie nelle città che vengono toccate dal tratto finale del Camino di Santiago, il rischio è quello di trovare menù del dia pensati per i pellegrini in cui di mejillones (cozze) e altre squisitezze c’è solo l’aroma. Certo per il prezzo a cui vengono offerti è più che comprensibile. Però spendendo poco di più si può mangiare una singola portata dalle dimensioni davvero considerevoli. Tapas a base di pimientos del padron, peperoncini verdi dolci, e formaggi affumicati come il queso de tetilla sono servite in molti locali e da sole sono in grado di dare soddisfazioni. Per i simpatizzanti del diabete, oltre ai tipici dolci di latte – ma a anche in questo caso sono le Asturie a  primeggiare –  la torta di Santiago, burro, farina, uova, mandorle e limone, è presente in ogni negozio come la Sbrisolona a Mantova. Impossibile non notarla o assaggiarla, se non altro perché come nei migliori ipermercati l’assaggio è di dovere. E a Santiago si compra e si vende in un certo senso.

Luca Colnaghi