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Il gioco d’azzardo nell’era dello smartphone

C’è chi pensa che il gioco d’azzardo sia un problema attuale, chi, invece, è consapevole che si tratti di un “vizietto” antico seppur conosciuto in forme diverse da quelle che individuiamo oggi.

Ciò che riguarda specificatamente i tempi attuali è la facilità con la quale un individuo, di qualunque età (anche minorenne), può intraprendere una strada “azzardosa”, sentendo il bisogno di provare una sorta di eccitamento spasmodico nello scommettere su ogni cosa possibile e nel giocarsi anche le mutande. In effetti l’era del digitale offre molteplici alternative e con il web si riesce, il più delle volte (nonostante filtri e metodi di controllo), ad eludere qualunque divieto per via di un complesso legislativo ancora lacunoso. Che differenze possono incontrarsi nel cimentarsi nei cosiddetti giochi da casinò e in quelli statali, come il Lotto, il Superenalotto e affini? La cosa che subito salta all’occhio è la provenienza di questi giochi. Che tipo di controlli possono esserci in giochi come la roulette, le slot-machine, il poker? Siamo sicuri che dietro queste organizzazioni, con tutti i regolari permessi statali, non si nasconda la criminalità organizzata, che maschera un’attività di riciclaggio dietro i paraventi del gioco? Passa troppo spesso in secondo piano, soprattutto in una società intenta a procurarsi il tabacco di contrabbando e ogni sorta di stupefacente esistente, la provenienza di questo tipo di attività. Le insidie che si nascondo dietro il gioco d’azzardo non sono solo di natura squisitamente legale ma riguardano emotivamente e patologicamente i soggetti coinvolti che non si rendono conto di essere affetti da una dipendenza passiva tesa a modificarne l’aspetto comportamentale. Di recente la medicina ha riconosciuto la dipendenza da gioco d’azzardo [1] come una vera e propria malattia psichica, alimentata da processi depressivi, impotenza e ansia. Un soggetto, considerando la propria vita fallimentare e ordinaria, giocando, esaltato dall’adrenalina, si sente protagonista attivo delle proprie vicende, crede di governare gli eventi, si procura piacere. Il fine del procacciare denaro passa quasi in secondo piano, anzi, a volte non ha nessuna importanza. Un comportamento che arreca danno a se stesso ma soprattutto a chi ruota attorno alla sua vita, gettandolo, nei casi più estremi, in una totale condizione di alienazione mentale non consapevole. La fonte, di quella che oggi è definita “ludopatia [2]” (malattia del gioco), non deriva solo dai tradizionali metodi di gioco d’azzardo, compresi quelli statali, ma anche dalle scommesse sportive e dalle applicazioni hi-tech, come i giochi degli smartphone e dei tablet. Un nuovo modo di giocare che, inteso a contrastare la pirateria, offre il fianco ad una pericolosa dipendenza che impone al giocatore di turno di spendere soldi per poter continuare, in un rapporto morboso saldato dal vizio. Questo è il caso delle cosiddette “In App-purchase” (Supercell, Glu e Gamelof tra i maggiori produttori), quei programmi che permettono di comprare pacchetti (banconote virtuali, bonus, armi, munizioni, gemme, ecc) attraverso l’utilizzo delle carte pre-pagate o di credito, quindi con soldi veri, non virtuali. Un’insidia che mette in pericolo soprattutto il portafogli di genitori negligenti e a volte ignari e che non ha nulla da invidiare alla frenesia da casinò.

                                                                                                           Girolamo Ferlito