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Il camorrista panettiere

La produzione e la vendita del pane nell’hinterland napoletano rappresenta l’ultima fonte di guadagno della camorra. Non sarà la più lucrativa, ma sicuramente è una delle più importanti. Non contenti, quindi, di controllare già il traffico di droga, il racket e l’intero ciclo di smaltimento di rifiuti, i malavitosi napoletani hanno ben pensato di ampliare ulteriormente il proprio raggio d’azione, andando a rivolgersi ad un mercato finora inesplorato, ad una nuova frontiera per i loro sporchi affari: quello del pane, appunto. Cifre da capogiro costellano e accompagnano questa nuova attività: si parla addirittura di 600 milioni di euro di guadagni annui, con 1300 forni e oltre 2000 panifici abusivi dislocati sul territorio napoletano. Una filiera produttiva ragguardevole in cui sono nascosti gli interessi di tutti: da chi cerca un semplice posto di lavoro, a chi cerca di comprare il pane al minor costo possibile. È il vantaggio di questo sistema: dare la possibilità di lavorare, dare da mangiare a chi non può permetterselo. Peccato che poi, in futuro, ci si troverà costretti a pagare con la vita. I motivi sono presto detti: basta guardare le condizioni igienico-sanitarie dei forni abusivi. Il più ospitale di questi si trova in qualche sottoscala abbandonato, circondato da mura ammuffite, in cui gli attrezzi da lavoro sono completamente arrugginiti e il legno usato per far cuocere le pagnotte è riciclato da vecchi infissi verniciati (tossici) o, peggio ancora, da bare dissotterrate, fregandosene di qualsiasi normativa sanitaria. Pane tossico che finirà in vendita nei negozi e che arriverà, quindi, sulle tavole dei cittadini finti inconsapevoli del fatto che anche il pane della camorra ha il suo costo, ben più alto e gravoso del normale: la nostra salute! Lo sanno in tanti, ma nessuno vuole rinunciarci, forse perché costretti a subire questi “cicli” obbligatori. Obbligatori perché il sistema camorra dimostra di essere sempre più ancorato a metodi contadini, arcaici, premoderni e costringe anche le zone controllate a restare in questa condizione. Un fenomeno inquietante che è un indicatore importante di come la lontananza tra camorristi e cittadini diventi sempre più sottile: appartenere alla malavita sta diventando il modus vivendi di un numero sempre maggiore di persone. E questo forse giustifica il fatto che molti forni, nonostante sia noto il loro esser abusivi, continuano a restare aperti, liberi di attuare i loro loschi affari e di speculare sulla salute della gente. Perché non vengono chiusi definitivamente? Perché quei pochi che vengono chiusi, dopo poche settimane riaprono? Occorrono controlli serrati, radicali, imporre l’imbustamento del pane, rendere tracciabile il prodotto: combattere seriamente la panificazione abusiva è il primo passo verso la difesa di un diritto sancito dalla Costituzione: la tutela della salute dei cittadini.

Massimiliano Mogavero