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Il re della pioggia

I libri di Saul Bellow sono sempre caratterizzati da personaggi che convivono con profondi disagi che si manifestano nella loro violenza quando  in loro subentra la necessità di dover fare un bilancio della propria esistenza.
Il lettore si trova, sin da subito, alle prese con protagonisti dalle personalità complesse e stratificate, per poi essere dirottato verso  un viaggio finalizzato alla ispezione  interiore ed umana.
Se in Herzog è l’ironia a prevalere, con l’effetto di stemperare l’alone di drammaticità che attornia il protagonista, nel romanzo Il re della pioggia (pubblicato nel 1959) è la scrittura cruda e intensa ad avere priorità.
Eugenie Henderson è un cinquantenne dal fisico forte e resistente, reduce da esperienze feroci che ne hanno messo alla prova il carattere. E’ un uomo ricco grazie all’eredità lasciata dal padre e il suo interesse maggiore, quasi insistente, è quello di allevare maiali. Ha alle spalle due matrimoni e vissuti turbolenti. Lo scenario su cui viene messa in scena la diegesi è quello dell’America,  rustica e moderna, delle grandi tenute, delle fattorie. Ma tale sfondo paesaggistico è presente solo in una parte del libro, come luogo interiore, poiché  il protagonista ci informa sin dall’incipit del lungo ed intenso  viaggio compiuto in Africa.
Accanto ad una scrittura minuziosa, ossessiva nei confronti dei particolari, prolissa persino in certi tratti, troviamo ampi spazi in cui libere corrono intensità noologica e riflessioni esistenziali, elementi che si scontrano e accordano con la visione netta e asettica dell’ateo. Il viaggio nel cuore dell’Africa selvaggia rappresenta per Eugenie Henderson l’occasione di dare una svolta ad una vita arida e violenta costruita lentamente, in cui ha trasformato il dolore in fango. In Africa è l’incontro con il re dei Wariri, Dahfu, a fargli prendere coscienza delle sue paure, dei suoi  limiti e della sua veridicità. Consapevolezza che lo aiuta a scoprire il ruggito primitivo che è sopito in lui, e all’immagine rozza dei maiali si sostituisce quella nobile del leone. I felini hanno coscienza del proprio ruolo, hanno rispetto verso loro stessi, è questo il senso dell’insegnamento del re africano che instaura  col protagonista un autentico rapporto di amicizia. L’Africa di Henderson – Bellow è descritta nei suoi ammalianti rituali, nei suoi gesti simbolici, nei suoi odori, colori, nelle sue atmosfere magiche e misteriose e nella sua ampia saggezza: “Non c’è tempo nella felicità. In cielo hanno buttato via tutti gli orologi“.

Ma la sua non è un’Africa geografica, reale, è più un luogo incontaminato, reso  accessibile dall’urgenza di un ritorno alla percezione primitiva dell’uomo, al suo essere una cosa sola con gli animali, con la natura. E la pioggia non è altro che il simbolo della Liberazione dalla schiavitù delle proprie paure, dalle censure dei sentimenti, e di tutto ciò Eugenie  è ormai il re.

Sabina Corsaro