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Il verso presente: intervista a Rosario Castelli

Dal 16 marzo al 10 maggio 2010, l’ex Monastero dei Benedettini ospita la prima edizione de “Il verso presente”, con la partecipazione di alcune delle voci più importanti del panorama poetico nazionale. Un incontro con la poesia contemporanea finalizzato a ricostruire  il complesso panorama della poesia italiana del secondo Novecento. La rassegna, curata da Patrizia Guarino e Alessia Tsagris, coordinata dai professori Antonio Di Grado e Rosario Castelli, è organizzata dalla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Catania, dal Dipartimento di Filologia moderna e dal Dipartimento Interdisciplinare di Studi Europei, con la collaborazione del Collegio Universitario d’Aragona – Camplus D’Aragona e di TRIBE Società Cooperativa. Abbiamo quindi posto alcune domande al professor Rosario Castelli per conoscere meglio l’evento.

Perché un’iniziativa che ha come protagonista la poesia?

Perché la poesia è creazione fattiva e misura del reale, totalmente compromessa con la vita, ma allo stesso tempo contribuisce a “costruirla” e “inventarla”. Leggere la poesia significa perciò agire sulle proprie rappresentazioni consolidate, modificarle, manipolarle, riscriverle, fino ad operare, tramite esse, sulla realtà. La poesia è dunque un’azione necessaria che coinvolge e interviene in ogni ambito dell’essere nel mondo. In questo senso, la si potrebbe considerare non un semplice fatto artistico, ma un fenomeno antropologico.

Il paese in cui viviamo (s’intende l’Italia, la Sicilia, Catania…), oggi, è privo di poesia: basti accendere la televisione o camminare per le vie della città o navigare su internet. Lei crede che gli incontri che “Il verso presente” propone possano destare l’interesse di studenti o giovani in genere?

La poesia non è mai assente dal mondo in divenire, semmai si assopisce, si nasconde, però vive continuamente nelle cose, essendone misura e strumento di comprensione. Certo, se pensiamo a come siamo stati costretti a studiarla, ubriacandoci di tecnicismi formalistici, ci rendiamo conto di quanto la scuola e l’università abbiano contribuito alla disaffezione per questo genere. Chi la insegna, chi la offre, dovrebbe far percepire invece il suo valore di ricerca, di tensione ontologica al sublime che vive di armonia e di bellezza. Solo in un secondo momento dovrebbe subentrare la consapevolezza che è “anche” un genere letterario: complesso, elitario, dotato di norme che possono essere manipolate a condizione che siano pienamente conosciute.
All’avvio della rassegna erano presenti più di 500 persone, la maggior parte giovani, nei cui occhi si leggeva interesse e coinvolgimento. Questo dato ha fatto pensare a me, ad Antonio Di Grado e soprattutto ai ragazzi che, con la loro passione, sono stati il motore vero dell’iniziativa, che forse avevamo vinto la scommessa.

Oggi quasi più nessuno legge per diletto: l’ignoranza crescente incoraggiata dalla televisione e dalla società plasma giovani che non hanno i mezzi o la sensibilità per accedere al meraviglioso mondo della letteratura e della poesia. E’ possibile andare contro corrente? E’ possibile incoraggiare in modo accattivante l’interesse dei ragazzi? Oppure davvero in questo mondo non c’è più spazio per la poesia?

Oggi si pensa che la velocità e la trivialità della comunicazione di massa mortifichino l’interesse e la curiosità all’approfondimento culturale. Probabilmente è vero. Ma è anche vero che, storicamente, la poesia si è via via affrancata dalla sua natura originaria che era “sonora”. Oggi essa vive una significativa e problematica divaricazione tra l’esigenza di difendere la libertà del versificare dalla cristallizzazione codicistica propria della tradizione, da un lato, e la necessità di recuperare l’originaria dimensione “fonica”, dall’altro. Ecco perché nel nostro ciclo di incontri stiamo puntando sul coinvolgimento attraverso l’osmotica interazione con la musica, linguaggio che ha una propria naturale familiarità con i gusti e gli interessi dei giovani, e anche attraverso reading e incontri diretti con gli autori che propongono proprie letture e restituiscono così al fruitore la propria sostanza di ascoltatore.

Stiamo vivendo un momento di grande crisi economica, sociale, culturale e politica: forse non è il momento giusto per discutere di poesia…

Ogni crisi, in ogni ambito, è scissione e cambiamento, un volgere ciclico che presuppone, quasi per definizione, la sua stessa evoluzione, sia che la si intenda nella sua dimensione esterna e storicamente cronachistica – economica, politica e sociale -, sia che la si intenda nella sua dimensione interna, come rappresentazione di una rottura tra l’uomo e la sua azione nel mondo. In questa seconda accezione, la crisi è serva di ogni arte, giacché in ogni secolo la letteratura, come l’arte tout court, si è fatta interprete delle problematiche del suo tempo. Perciò è sbagliato pensare che uno stato di crisi nuoccia alla poesia, giacché essa ne è invece argomento, consapevole assunzione, anche in absentia. Non è un caso che la maggior fioritura poetica in Italia si sia avuta negli anni critici che precedettero l’avvento del fascismo.
La crisi non è della poesia, ma della Cultura nel suo complesso, della mancanza di una lungimirante politica d’investimenti in questo settore. La nostra è una società che sembra aver rinunciato alla memoria, al riconoscimento identitario, alla valorizzazione della tradizione. Ed è proprio per questo che vive una lenta ed inesorabile agonia. L’arte potrebbe semmai essere l’antidoto alla catastrofe.

Secondo quale “criterio” avete organizzato i temi degli incontri?

Nei corsi universitari in genere, non c’è molta possibilità di studiare la poesia degli ultimi 40 anni che resta, per molti, un ambito ancora inesplorato. Per l’incontro introduttivo abbiamo scelto tre poeti appartenenti a tre diverse generazioni poetiche, e un docente di poesia contemporanea presso la Facoltà di Lettere dell’Università di Bologna, cui è stato assegnato il compito di analizzare il variegato e irriducibile panorama del verso presente. Ben consci dell’impossibilità di esaurire in pochi incontri un simile percorso, ci siamo riproposti di valorizzare, problematizzare e discutere, nel corso delle serate successive, la poesia della nostra terra, le problematiche inerenti la canonizzazione e la traducibilità della parola poetica, nonché le forme di sperimentazione compiute sul codice, sia per ciò che riguarda le sperimentali ricostruzioni e rivisitazioni del rapporto tra poesia e musica, sia per ciò che riguarda le manipolazioni e le innovazioni compiute sul linguaggio poetico, con l’intento di presentare al pubblico i più importanti ambiti di studio che la poesia attuale sollecita e richiede.

Elena Minissale