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Il volto umano del ciclismo

Dici ciclismo e pensi doping. Un’associazione di immagini quasi automatica, resa tale da un recente passato fatto di infinite positività ai controlli antidoping. Nell’immaginario collettivo, pertanto, il ciclista dopato è diventato un classico: un qualcosa di disumano davanti al quale però non ci si scandalizza più. Il fascino della disciplina, invece, è rimasto inalterato agli occhi dei tifosi, ma la crescente diffusione di sostanze volte ad incrementare artificialmente le potenzialità degli atleti ha allontanato molti appassionati dell’ultima ora, sfavorendo persino l’avvicinamento dei nuovi. Gli affezionati, tuttavia, hanno continuato a seguire le competizioni con la solita sfrenata passione di un tempo, grazie alla quale si sono guadagnati la fama di “volto umano del ciclismo”.

La ventesima tappa del Tour de France ne è la testimonianza più nitida: decine di migliaia di persone hanno affollato le strade del Mont Ventoux fin dai giorni antecedenti al passaggio dei loro beniamini, colorando con le bandiere delle proprie nazioni quest’angolo del paese. Un tripudio di sfumature cromatiche, di accenti, di suoni e di profumi in un generale contesto di armonia, gioia e serenità. Roulotte, automobili e camper di gente proveniente da ogni parte del mondo hanno gremito i margini delle carreggiate, dando dimostrazione di come sia possibile vivere lo sport senza frenesia, senza isterismi. Tra una grigliata ed un bicchiere di vino hanno socializzato francesi e italiani, hanno scherzato statunitensi e danesi, hanno riso argentini e norvegesi, così come altri cittadini del mondo, tutti accomunati dal desiderio di veder transitare sotto il proprio naso le biciclette dei campioni.

Una realtà che – a differenza del doping – è rimasta inalterata nel corso degli anni e si pone all’attenzione dell’universo sportivo come un esempio da seguire, distante anni luce dal più popolare pianeta del calcio, il quale vede le tifoserie fronteggiarsi in vere e proprie guerriglie urbane che nulla hanno a che vedere con lo sport. Chissà che, in un futuro fiabesco, l’amore e la condotta irreprensibile dei supporter delle due ruote non possa servire da monito agli atleti per sconfiggere una volta per tutte la deprecabile pratica del doping.

Andrea Bonfiglio