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Io, ultrà senza legami

Foto di rucativava il licenza CC

Per saperne di più sul mondo dei supporter, senza fermarsi all’apparenza che traspare dalle cronache, parliamo con Francesco, fedelissimo sostenitore della Fiorentina.

Francesco, da quanti anni segui le vicende della squadra?
Dal 1991, anno in cui i miei genitori mi portarono per la prima volta allo stadio. Ho preso parte ad oltre cinquanta trasferte (dal 2000), ma mi ritengo un tifoso appassionato non certo un ultrà.

Cosa ne pensi dell’immagine negativa che l’opinione pubblica ha degli ultrà?
Si tende sempre a fare di tutta l’erba un fascio. Qualcuno sicuramente va sopra le righe e gli episodi di cronaca sono lì a testimoniarlo. E’ altresì vero che all’interno delle curve può nascere una forte coesione tra persone, si possono condividere valori di amicizia educativi che niente hanno a che fare con la violenza. La gente è troppo soggetta all’opinione dei media e spesso tende ad esprimere giudizi per “sentito dire”: non si capisce in base a cosa se qualcuno compie un’azione scellerata deve essere per forza identificato come ultrà, quando potrebbe trattarsi anche di una persona estranea alla tifoseria.

Da sempre ti definisci un “cane sciolto”, prendendo così le distanze dal cosiddetto tifo organizzato. Puoi spiegarci meglio questa scelta?
Mi definisco “cane sciolto” scherzosamente, perché preferisco organizzarmi da solo per seguire la squadra e non per prendere le distanze da questo tipo di tifo, senza il quale sarebbe difficile vivere quella passionalità che contraddistingue le curve.

Hai mai assistito da vicino ad episodi di violenza commessi dai sostenitori viola o da altre tifoserie?
Per fortuna non ho assistito a grandi episodi di violenza; è vero che sono capitati momenti di tensione, un paio di scazzottate, qualche vetrina rotta. Non si tratta sicuramente di cose edificanti, per carità, ma che possono succedere anche in altri contesti e non sono soltanto riconducibili al calcio. Allo stadio ci sono anche molte famiglie e chi lo frequenta non ha la sensazione di andare in un posto pericoloso. Va detto, piuttosto, che alcune delle persone preposte alla sicurezza talvolta vengono meno alla loro mansione, creando così delle tensioni che si potrebbero evitare usando il dialogo.

L’avvento delle pay-tv e delle nuove normative sulla sicurezza negli stadi hanno cambiato in meglio il rapporto tra i tifosi ed il calcio?
Io sono del parere che il business abbia rovinato questo sport a partire da metà anni Novanta: in nome delle televisioni si è trasformato in un salotto di lusso quello che era uno sport nato sulla strada (si pensi ai bambini delle favelas brasiliane…). Solamente noi “bischeri” tifosi possiamo continuare a seguire un campionato in cui le classifiche finali sono sempre le stesse ed in cui le normative sulla sicurezza, specie per le trasferte, hanno reso più incontrollabile la situazione, con tutte le varie limitazioni – vedi tornelli – che aumentano il tempo d’attesa per entrare allo stadio. Francamente non vedo che antidoto possano costituire.

Andrea Bonfiglio