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L’ultima casa a sinistra

I componenti della famiglia Collingwood, ancora sofferenti per la perdita del figlio maggiore avvenuta un anno prima, decidono di trascorrere qualche giorno nella loro casa al lago, lontano dalla città. La figlia Mari esce con l’amica Paige e i genitori Emma e John rimangono in casa da soli. Quella stessa sera i due coniugi ricevono la strana visita di quattro persone, che chiedono loro aiuto e ospitalità, e non possono immaginare che in realtà quella è una banda di delinquenti che poco prima aveva sequestrato e seviziato le due ragazze, uccidendo Paige e riducendo in fin di vita Mari. Quando Mari, ferita, riesce a fuggire e a raggiungere la sua casa perché creduta morta, i suoi genitori capiscono cos’è successo e decidono di mettere in atto la propria vendetta…

“L’ultima casa a sinistra” è un remake dell’omonimo film di Wes Craven realizzato nel 1972, che segnò un’epoca e diede vita a una serie di imitazioni e contaminazioni (come “La casa sperduta nel parco”, o il più recente “Hostel”) e che qui vede il famoso regista nelle vesti di produttore.  A metà tra l’horror e il thriller, con scene molto crude (come quella dello stupro di Mari, dove pochi dettagli mostrati riescono a trasmettere violenza inaudita e angoscia), questo lungometraggio suscita sgomento e brividi in quanto le atrocità sono messe in mostra in modo sadico e quasi voyeuristico. La locandina del film recita: “se qualcuno di molto cattivo facesse del male a una persona che amate, fino a che punto potreste spingervi per fargliela pagare?”. E in questa frase è racchiuso il filo conduttore di tutto il film: una tranquilla e gentile famiglia borghese diventa capace di ogni sorta di orrore in risposta alla violenza subìta, quasi più che degli stessi suoi carnefici. L’amore per un figlio, e il disperato tentativo di proteggerlo e difenderlo, può davvero portare all’odio più cieco.

Mariangela Celiberti