Pubblicato il: 29 Giugno, 2009

La ragazza del lago

la_ragazza_del_lago_img_max_widthNel cinema italiano ogni tanto capita il premio, la chicca, il gioiello inaspettato…ed ecco questa pellicola fosca, intensa e rarefatta, dotata di un’aura tutta particolare. Presentato alla ventiduesima Settimana Internazionale della Critica alla Mostra del cinema di Venezia, La ragazza del lago (2006) è tratto dal romanzo Lo sguardo di uno sconosciuto (2002), di Karin Fossum: l’azione viene spostata dalla gelide coste norvegesi all’altrettanto freddo e affascinante panorama friulano, magistralmente fotografato con i suoi plumbei silenzi da Ramiro Civita. La storia: una mattina come tante la piccola Marta scompare, percorrendo da sola la strada di un paesino immerso tra le montagne. Scatta l’allarme e la polizia intraprende le ricerche, capeggiata dallo “stanco” e assorto commissario Giovanni Sanzio, napoletano trapiantato al Nord con dolorosi drammi familiari alle spalle. Quando la bambina ricompare, tutti tirano un sospiro di sollievo, finché emerge un’inquietante rivelazione: la scoperta del corpo di una ragazza adagiato lungo le sponde di un lago attorno al quale si narra la leggenda di un serpente capace di addormentare le persone tramite lo sguardo. La vittima è Anna, ex atleta bellissima e stimata, la cui nudità placida e serena colpisce subito la sensibilità di Sanzio, che da quel momento condurrà le indagini per risolvere il caso, scoprendo i segreti, le invidie, i piccoli orrori quotidiani della provincia, con la sua umanità debole e sofferente, pietosa e disperata. Lo sguardo dello sconosciuto, come recita il libro, è quello della polizia, di Sanzio, del padre di Anna, di Anna medesima, quello del paese intero e il nostro che scruta, giudica e percepisce alla luce di ciò che si presenta visibile agli occhi. Il regista Andrea Molaioli, classe 1967, alla sua opera prima dopo anni di assistentato presso Nanni Moretti, Mimmo Calopresti, Carlo Mazzacurati e Marco Risi, ci colpisce al cuore e alla mente con un film rigoroso ma dinamico, un thriller dal sapore noir che non ha nulla da invidiare a ottimi telefim americani sulla falsariga di Cold Case e Senza Traccia: il crimine è efferato, le prove sempre più serrate, i sospetti incalzanti; l’impeccabile interpretazione di Toni Servillo, indimenticabile nei film di Sorrentino Il Divo (2008) e Le conseguenze dell’Amore (2005), cui Molaioli è debitore in alcune scelte stilistiche e musicali, è a dir poco sublime, impossibile non amare la sua aria sottotono, lucida e attenta; la trama delittuosa, atipica per il cinema italiano (sul tema ricordo La sconosciuta di Giuseppe Tornatore del 2006 e La giusta distanza di Mazzacurati del 2007), scorre gonfia e struggente, e per una volta il film batte il libro quanto a intensità e pienezza narrativa. Spegnete la televisione, scartate il film straniero e godetevi questo piccolo capolavoro cui l’eco di Twin Peaks strizza l’occhiolino da lontano.

Alice Briscese Coletti

Displaying 1 Commento
Have Your Say
  1. giusy ha detto:

    Bella recensione. Ho visto il film è mi è piaciuto molto, purtroppo non è stato molto pubblicizzato ed è senza dubbio una chicca, come lo definisce Alice Briscese Coletti.

    Segnala questo commento come inopportuno

Lascia un commento

Devi essere collegato to post comment.