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La vita non aspetta: in migliaia a Roma per la manifestazione contro il precariato

“Il nostro tempo è adesso”, “Stop al precariato”, “Non siamo più disposti a tutto”. Questi gli slogan dei migliaia di manifestanti che, sabato 9 aprile, si sono radunati a Roma, nella centralissima piazza della Repubblica – in contemporanea con altre città italiane come Milano, Bologna, Napoli, Torino – per protestare contro il precariato. Intorno alle 15, in una moltitudine di colori e con tanta musica di sottofondo, si è alzata la protesta non solo di giovani lavoratori precari, ma anche di studenti universitari, ricercatori, vincitori di concorso non assunti, lavoratori in pensione, familiari e amici di chi deve quotidianamente affrontare condizioni di disagio ed incertezza.

C’è il lavoratore precario dal 2002, che conosce solo “contratti di collaborazione e a progetto”. C’è il laureato da 8 anni che sta “girando tutta l’Italia, collezionando contratti a termine”. C’è il ragazzo che denuncia di essere “un numero, una statistica, qualcuno di cui parlare durante i Tg o in campagna elettorale”. C’è la coppia che “non può permettersi un mutuo, e deve rimandare all’infinito il progetto di una famiglia”. Ci sono gli insegnanti e i giornalisti, ovviamente precari. E poi c’è la rabbia. Quella rabbia disillusa di chi non vede riconosciuti i propri sacrifici e quelli dei propri genitori. Di chi si sente accusato di essere un “bamboccione”, quando vorrebbe avere la possibilità di iniziare a costruire qualcosa. Di chi non vuole rassegnarsi al precariato come uno stile di vita: perché non manca solo il lavoro e quindi una stabilità economica, ma anche una stabilità emotiva e psicologica. C’è anche, e soprattutto, la voglia di non arrendersi, perché “molti sono già andati via, all’estero; non importa quanti siamo, bisogna farsi sentire”.

In mezzo alla folla lei: una signora, non più giovanissima, avvolta nel tricolore, che urla: “non abbiamo più niente… Non abbiamo più speranza, niente…

Il sole splende sulle bandiere, gli striscioni, le magliette di denuncia contro una classe politica indifferente, contro lo sfruttamento di risorse ed energie, contro una realtà e una condizione che non rispetta sogni e progetti. Che non rispetta il diritto, di un’intera generazione, di avere un futuro migliore.

 

Mariangela Celiberti