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Le rivoluzioni

La Storia ci ha insegnato che l’uomo ha sempre dovuto convivere con il fallimento legato all’efficacia del suo agire per garantire o ottenere il rispetto dei valori umani. Si crede poco, oggi, al politico che, comodamente seduto sulla sua poltrona, governa in modo giusto un popolo, e si crede poco anche al popolo che usa le mani o le armi per cambiare una legge o le proprie condizioni di vita. Provocante questo punto di vista ma il sangue versato ha segnato anche la storia di sommosse che partendo da giuste cause (alcune fittizie), sono poi sfociate nelle stragi che conosciamo. Probabilmente chi si trova di fronte agli stenti pensa ben poco al modo di come poter ottenere un minimo di sostentamento da quelle istituzioni che con decreti peggiorano le cose. Tuttavia il richiamo al progresso e ai modi di attuarlo non pone affinità tra il torpore perbenista e l’esigenza di trovare ed usare mezzi di espressione, associazione, organizzazione e comunicazione ‘civili’. Di solito si etichettano queste idee di ricerca di ordine e dialogo con il pre-concetto di perbenismo: se il perbenismo è questo non è poi un concetto del tutto da ripudiare. Oggi, in una società satura e frustrata come la nostra, il perbenismo fa tremendamente paura, perché si crede che possa minacciare l’autenticità del modo di esprimere i bisogni, le esigenze dell’uomo, i suoi disagi. Non è proprio così, non si tratta di trovare una forma linguistica consona che non turbi le coscienze borghesi. Se l’uomo ha ottenuto dei cambiamenti con il sangue allora chiediamoci a cosa siano servite, nel tempo, le leggi e la costruzione di strutture sociali (ipocrite magari) grazie alle quali abbiamo cominciato a non degenerare nell’esistenza dei giustizieri proiettati a usare la forza per ottenere una giustizia (lecita senz’altro) in modo caotico e pericoloso. Sostenere le sommosse? Ai nostri giorni è difficile rispondere. L’idea di sovvertire un governo che sopprime e ‘violenta’ ogni giorno il suo popolo è un’idea che dentro ha ogni uomo che creda in certi valori universali, tuttavia cosa accadrebbe se per ogni disagio politico ogni uomo scendesse in piazza per buttare fuori deputati e ministri del proprio paese? Se le soluzioni fossero solo e sempre quelle della sommossa sanguinosa, di certo ci sarebbe ancora tanto da fare per ritenerci diversi dagli uomini che ci hanno preceduto secoli fa. Però ci sono anche le rivoluzioni inevitabili, i cui motivi sono ineccepibili (pensiamo al Tibet e all’ex Birmania) e le cui azioni sono le uniche perché dei popoli possano aver riconosciuta la propria dignità; allora ci rendiamo conto che in questi casi la Libertà non può conoscere nient’altro che sia più necessario di se stessa.

Sabina corsaro