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Malaga, la piccola monca

«Il mio amore è nato a Malaga», ripeteva ipnoticamente Fred Bongusto in una sua celebre canzone. Malaga, poco distante da Gibilterra e terra di confine tra la Costa del Sol, di cui è la capitale, e la Costa di Luz, è una cittadina dal ricco patrimonio storico, archeologico ed artistico che fu terra natia di Picasso.

C’è una Malaga moderna, quella de la Calles de Larios e dei negozi, quella artistica legata al museo Picasso Malaga nel palazzo BuenaVista e al CAC (Centro arte contemporanea), quella archeologica costruita sull’asse verticale che percorre la collina di Gibralfaro. Del resto così come il Malaga è anche un liquore nato dalla miscela di più vini dolci, così l’offerta di questa città nasce dalla mescita di elementi compositi tanto differenti.

Ai piedi della collina ci sono i resti riscoperti di un teatro romano di età augustea, da lì inizia la salita per l’Alcazaba, il palazzo moresco sulla collina di Gibralfaro, e il castello con la sua vista panoramica sulla città e il porto.

Palazzo moresco e castello sono collegati dalla lunga muraglia de La Coracha, paseo che conduce al parador dal quale i presagi del paesaggio andaluso più conosciuto iniziano a delinearsi. La Guadalmedina taglia la città, da un lato la parte antica e il porto, ad ovest la piccola parte moderna. Il Paseo de la Alameda, che dal porto, conduce al cuore della città, si mostra come un serpente stirato dalle squame verdeggianti. Costeggiato di alberi che concedono un po’ di fresco dalla morsa della primavera spagnola, il viale prosegue con una bellissima area di palme, edicole e fontane. È proprio quella del porto la città che si anima nelle ore notturne. La zone del Palo, la spiaggia del Pedragalejo e la Malagueta, ritornando verso il centro, è invece la zona della Cattedrale dell’Incarnazione.

La cattedrale è monumento simbolo della città: realizzata da più architetti in epoche differenti, oggi si presenta come un evidente sovrapposizione di elementi neogotici, tardo gotici, neoclassici e barocchi, ma soprattutto è rimasta incompiuta. Le manca difatti una delle due torri. A causa di questa incompiutezza, l’edificio è stato affettuosamente ribattezzato la Manquita, la piccola monca.

Lì attorno il cielo è di lembi e bende. Immensi teli bianchi ricoprono a volte il centro cittadino e creano ombra dalla calura. Ricordano un continuo set cinematografico. Del resto qui ad Aprile si svolge il festival più importante per il cinema spagnolo dopo quello di San Sebastian e set mozzafiato non mancano di certo.

Luca Colnaghi