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Mediterraneo: un cimitero senza lapidi

A migliaia ogni giorno si mettono in cammino nella speranza di un futuro migliore. Abbandonano la propria terra, i propri affetti e le proprie radici, fiduciosi che al termine del lungo ed estenuante viaggio che li aspetta possa attenderli un destino più dignitoso di quello terribile, fatto di morte e miseria, che si lasciano alle spalle. Attraversano le asprezze dei deserti africani e, ignari del destino che riserverà loro la sorte, arrivano sulle coste libiche, di fronte all’immensità del mare. Pagano somme astronomiche a persone ciniche e senza scrupoli che, senza alcun rispetto per la dignità umana, li ammassano come bestie su imbarcazioni fatiscenti e completamente inadeguate allo scopo. Centinaia di uomini donne e bambini senza cibo né acqua per giorni, in balia del niente. Poi, caricata la barca, si parte: rotta verso Lampedusa. Alcuni riescono a raggiungere le coste dell’isola, stremati dopo un viaggio estenuante; altri vengono bloccati durante il tragitto e rispediti in Libia. Altre volte, poi, ci pensa il mare a spegnere definitivamente le speranze. Pochi giorni fa una motovedetta italiana di pattuglia tra Lampedusa e la Libia ha recuperato 21 cadaveri e tratto in salvo un’altra ventina di immigranti da un barcone in avaria; secondo le autorità libiche sono oltre trecento le persone che risultano ufficialmente disperse in mare, quasi certamente tutte già inghiottite dalle acque. Sono queste le tragiche cifre dell’ennesima ecatombe umana consumatasi in questo lembo di mare che, nel corso degli anni – dall’inizio dell’ondata migratoria degli africani verso l’Europa – ha visto morire circa 13000 persone in tragiche circostanze legate al fenomeno migratorio. E stiamo parlando soltanto dei casi accertati e ufficiali. Potremmo star qui a puntare il dito contro questo o quel governo, tentando di rintracciare responsabilità dirette e indirette rispetto ai fatti accaduti, ma avremmo bisogno di molto più spazio. E forse non soltanto di quello. Sì, perché oggi, di fronte a questo dramma, ancora storditi dalla girandola di cifre dell’informazione, possiamo soltanto rimanere in silenzio a sperare che tutto ciò non si verifichi mai più. Troppo semplice continuare a ripetere come una filastrocca dell’urgente necessità di interventi strutturali che mirino specificatamente alla salvaguardia delle persone. Non è certo semplice trovare soluzioni adatte, ma non possiamo esimerci dal criticare aspramente l’immobilità delle istituzioni nell’affrontare il problema. Tra poche settimane entreranno definitivamente in vigore i tanto blasonati accordi stipulati dal governo italiano con Gheddafi per il pattugliamento congiunto con i libici: l’Italia donerà sei imbarcazioni alla Libia necessarie per il controllo delle coste. Sei imbarcazioni per oltre 2000 chilometri di coste: un’esigua goccia d’acqua in un mare gonfio di morte.

Aldo Nicodemi