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Minzolini

E’ probabile che Minzolini sia l’incarnazione di un crociato ferito a Macherio per liberare il santo lettone del presidente. Eppure il direttore del primo telegiornale italiano è la testimonianza che Fede era uno scugnizzo, e che i giovani che si applicano possono fare di meglio. Il giornalismo del Kojak della verità non è altro che una forma di terrorismo; gli editoriali che regala nella serata nere del governo sono comunicati da brigate rosse e gambizzano non i giornalisti ma gli spettatori. In realtà il telegiornale di Augusto Minzolini è pericoloso come lo stalinismo perché annienta la realtà facendola scomparire. Tuttavia ha il merito di riportare in auge il pensiero socratico: spinge gli uomini a cercare la verità. L’inverosimiglianza ha fatto crollare gli ascolti, ma di pari passo ha aumentato la curiosità dei lettori. Quindi è il paradosso del terrore: spaventa ma fa unire gli uomini, si annulla cercando di annullare. Nella sua faziosità viscida come un chewingum è irruento come un giovane teppistello di borgata, vuole scalare i gradi e farsi ministro della disinformazione non rendendosi conto di quanto sia ingenuo. L’arte dei faziosi è infatti l’ammiccamento, il borbottio, la voce rauca, il colpo di tosse, il sorrisetto, e nei telegiornali è subdola e artistica come può essere un buon panino: mettere la voce dell’opposizione in mezzo per farla scomparire.  Per questo Minzolini non merita neppure uno schiaffo, perché lo schiaffo alla fine si dà agli architetti del “male” e non ai kamikaze. E’ un personaggio quindi da vaudeville tra l’ironico e il drammatico come nelle commedie di Cechov, come chi vuole piacere ma poi si vede abbandonato dall’amante. Minzolini ama come in Senso di Visconti, è la Livia Serpieri di Berlusconi che fa l’amore con Feltri e Verdini, i cardinali che mandano a morire i Minzolini. E’ forse la prima ingenuità dei forti, Minzolini, chi spegnerà la televisione di chi ha passato la vita a farla accendere e imbrogliare.

Carmelo Caruso