Pubblicato il: 22 Settembre, 2009

E’ morto Luciano Emmer

emmerE così se ne va anche Luciano Emmer. È morto lo scorso 16 gennaio a Roma, aveva 91 anni. Durante l’appena conclusa Mostra del Cinema di Venezia gli erano state dedicate la sezione retrospettiva Questi Fantasmi e la proiezione di La ragazza in Vetrina (1960). Il cinema italiano perde uno dei padri della commedia, il genere che parlava alla gente comune, si diceva. E alla gente comune parlò anche con Carosello di cui fu il papà. Sua la celebre sigla con i sipari e la tarantella. Con lui sotto i riflettori del piccolo schermo abbiamo visto i nostri migliori attori. Il principe Totò con «Mi faccio un brodo? Ma me lo faccio doppio!», Walter Chiari di «Solo io mi chiamo Yoga», Mina, Paolo Panelli con Ercolino sempre in piedi e l’immancabile Fabrizi. Insomma quando la pubblicità era ancora un evento atteso e non c’era bisogno della Notte dei Pubblivori per poterla apprezzare. Luciano Emmer è l’esempio di come il cinema italiano abbia saputo inventarsi in continuazione. Milanese di nascita (19 gennaio 1918), esordì come documentarista con Enrico Gras, con il quale si specializzò in documentari d’arte. Nel 1938 con Racconto i un affresco trattò l’opera di Giotto nella Cappella degli Scrovegni, poi nel ’40 fu il turno dei quadri di H. Bosch in Paradiso terrestre, seguito da Goya (1950), Leonardo da Vinci (1952) e Picasso (1954). Grazie alla sua opera fu possibile conoscere opere inedite di Pablo Picasso che il regista seguì con la cinepresa, con l’amorevole semplicità che ha sempre caratterizzato il suo stile. Nonostante abbia inventato e innovato il linguaggio formale, a distinguerlo fu sempre il rapporto diretto con l’opera d’arte, volto ad una sorta di descrizione ed interpretazione attraverso le riprese. Un’idea ben lontana dal citazionismo barocco di Pasolini, ad esempio. E al primo amore era tornato nel 2008 con Masolino, un cortometraggio d’arte. Tra i film più famosi Domenica d’agosto (1949), Parigi è sempre Parigi (1951) con Aldo Fabrizi, il celebre Le ragazze di Piazza di Spagna (1952) che fu il suo film più celebre, Terza Liceo (1953) e l’eccellente La ragazza in vetrina (1960) con il quale poi passò alla televisione. Ritornò al cinema solo trent’anni dopo. Di vita, di morte e di altre sciocchezze, insomma. Ma davvero Emmer ha segnato una pagina fondamentale per la storia del cinema italiano. Le vicende delle tre sartine romane interpretate da Bosè e compagne hanno segnato una generazione e colpito le successive. Lungo la scalinata della famosa piazza di Roma anche solo una piccola targa con inciso: A Luciano Emmer, campione del neorealismo rosa, che ci ha fatto ridere, piangere, sognare. Per ricordarci che il cinema sa ancora far sognare. E il suo cinema era l’espressione di una coralità di tipi comuni, una scrittura lineare che amava e cercava le architetture narrative più diverse, come la struttura ad episodi. Uno dei più attenti narratori dell’Italia del primo boom se ne va nell’anno della crisi. A portarselo via le complicazioni di un incidente d’auto.

Luca Colnaghi

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