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Musica: Rumori in una coltre di silenzi

Il declino del mondo musicale dapprima evidente in alcuni settori, adesso sembra manifestarsi in maniera globale coinvolgendo attori e spettatori, artisti e case discografiche. Quali le cause di questo malessere?

Musica dal greco mousikè “arte delle muse”. Lo “Zingarelli”, dizionario della lingua italiana, la definisce così:L’arte di combinare più suoni in base a regole definite, a seconda dei luoghi e delle epoche“. Ma se per la lingua italiana non esistono dubbi che la musica rappresenti arte, per le case discografiche e la maggior parte degli addetti ai lavori, tale definizione non si sposa, di certo, con i fini lucrativi e il cliché di essere alla moda anche nel dover proporre un nuovo musicista o una nuova canzone. Di certo non sono esenti da colpe, le masse di ascoltatori che si fanno abbindolare, dal modo di essere del musicista di turno o dall’orecchiabilità del brano che presenta. Ed è forse questo, uno dei motivi principali, che porta i discografici a produrre “spazzatura” ad esaltare doti inesistenti di band e solisti pop che come unico fine hanno quello di salire “alle stelle” il più velocemente possibile e inevitabilmente scendere “alle stalle” nel medesimo modo.

Cos’è veramente la musica, per l’uomo? Qualcosa che viene da dentro, un’espressione della propria libertà, di manifestarsi, di creare, di essere oggetto di discussione. Qualcuno l’ha definita: “Espressione massima dell’animo umano“, altri: “Strumento di potere, per manifestare, demagogia politica“. Certo è, che nel corso della storia, la musica ha continuato a svilupparsi, ad adattarsi alla società senza subire bruschi arresti; perfino nel medioevo, considerato da molti un periodo buio, la musica ha saputo “brillare di luce propria”. Ma, la mente umana, non conosce limiti, e nel corso dei tempi ha saputo creare e nello stesso tempo distruggere qualunque cosa mostrasse delle potenzialità e anche la musica, inevitabilmente, è finita per essere coinvolta in una girandola di “affari sporchi”.

A partire dagli anni ’50, dello scorso secolo, quando i media cominciavano a muovere i primi passi, la diffusione musicale ha cominciato a toccare livelli altissimi, spostandosi da un capo all’altro del mondo, ad una velocità, tempi addietro, impensabile. Il rock ‘n roll diventò, ben presto, fenomeno di massa e manifesto di fini lucrativi, che andavano aldilà delle semplici emozioni che un brano musicale, poteva suscitare tra la gente. Ma se negli anni ’60 e ’70, c’era, spazio per sperimentalismi che esulavano da una pura e semplice commercializzazione, con l’avvento delle discoteche, dei dj (disk-jokey) e la fine delle radio “libere” e conseguente riduzione della durata dei brani ai canonici “3 minuti”, la tendenza che la musica doveva essere al passo con la moda, ha finito per snaturare la funzione artistica che da sempre ha rappresentato.

A partire dagli anni ’80, la mazzata definitiva: I video spadroneggiavano in TV, e in America, “MTV” cominciava a muovere i primi passi, così le case discografiche, fiutando il business, applicarono il motto “bravi e belli” anche al mondo del pentagramma. Un susseguirsi di artisti o “pseudo” tali, nascevano e crollavano alla mercé del “dio denaro”, in una piramide di affari che hanno mascherato, fino ai giorni nostri, la vocazione che da sempre ha accompagnato la musica e i suoi protagonisti principali: l’arte! Ma se 20 anni fa, il pericolo di un decadimento cominciava a far breccia tra la gente a cui piaceva vivere e ascoltare musica, con l’avvento del XXI° secolo, la situazione è precipitata.

Il computer ha quasi rimpiazzato, gli strumenti musicali per antonomasia, e non è difficile, di questi tempi presupporre, di poter assistere, quanto prima ad un concerto dove, una “consolle” produca da sola incomprensibili rumori. Già è palese una divisione di classe, all’interno del panorama musicale. Infatti, ad autodifesa dei proprio ideali, esistono nicchie di musicisti, ancora legati ad un indirizzo da seguire a tutti i costi, per difendere la propria identità d’artista, ben lungi dall’accettare passivamente, la parabola discendente che da tempo sottolinea il percorso intrapreso dal mondo musicale.

Gino Ferlito