Pubblicato il: 20 Gennaio, 2008

Nostalghia

nostalghiaTitolo originale: Nostalghia
Nazione: Italia/Russia
Anno: 1983
Genere: Drammatico
Durata: 130′
Regia: Andrej Tarkovskij
Cast: Oleg Yankovsky, Erland Josephson, Domiziana Giordano, Patrizia Terreno, Delia Boccardo, Laura De Marchi, Milena Vukotic, Alberto Canepa, Raffaele Di Mario, Kate Furlan, Livio Galassi, Elena Magoja, Piero Vida
Produzione: RAI Radiotelevisione Italiana Rete 2, Sovin Film Urss, Opera Film
Distribuzione: Gaumont – Fonit Cetra Video

Film mistico-simbolico dal passo lento e scarno. Uno scrittore russo intraprende la stesura della biografia di Maksim SazontoviC Berezovskij, un musicista vissuto tra la prima e la seconda metà del settecento. Con la compagnia di Eugenia, donna il cui temperamento inquieto ed esigente si contrappone ad un’immagine angelico-celestiale, alloggia in una vecchia pensione presso le terme che in passato avevano ospitato Caterina da Siena. Qui l’incontro con Domenico, deriso dalla gente poiché considerato “pazzo” per la sua fede profetica ed irrazionale che lo ha portato a rinchiudersi dentro casa con la famiglia per ben sette anni, in attesa della fine del mondo. I richiami pittorici alla figura femminile (La madonna di Piero della Francesca all’inizio del film) sembrano il tappeto costante su cui si poseranno i ricordi dello scrittore e la sua nostalgia di casa. Un senso di mancanza viscerale che vestirà tutto il film, traducendosi anche e non solo nelle litanie delle donne che pregano. La “coscienza infelice“, così come la chiamava Hegel, desiderosa di infinito, di ritorno a casa ( la famiglia, in senso letterale; Dio, in senso simbolico) è la condanna dell’uomo-orfano. Una nostalgia che si fa nebbia fitta e pioggia incessante in attesa di un “compimento“, di una chiusura del ciclo. Nebbia che offusca, pioggia che purifica. L’acqua appare l’elemento centrale del film, d’altra parte simbolo mariano, secondo la tradizione cristiana. Non a caso il tetto di Domenico lascia penetrare la pioggia quasi ovunque ( particolare interessante sono le bottiglie riempite dalle gocce di pioggia e le pareti della casa), una sorta di continua catarsi che trova il suo rito più esplicito nell’attraversare la vasca con la candela accesa, spesso con il vento ostile. Domenico non lo può compiere poiché viene ripetutamente fermato e definito, ingenuamente, pazzo. La delega andrà allo scrittore che riuscirà a compiere dopo diversi tentativi il fatidico gesto, la chiave per la libertà definitiva. La prova difficile rimanda alla fatica del viver quotidiano, il cui gioco bizzarro e incomprensibile conduce ad arrendersi, a sbagliare strada. “Dovete tornare al punto dove vi siete persi, dove avete imboccato la via sbagliata!“, grida Domenico, probabilmente pazzo per la troppa saggezza (come non riflettere sul suo bellissimo 1+1= 1), il diverso che tutti temono, che tutti disprezzano e che tutti ostacolano nel tenere accesa la sua di candela, nel compiere il suo viaggio, la cui esasperazione lo porterà a divenire egli stesso “fuoco“. Un pazzo che redime e un sano che impara da lui? Lo scrittore, errante dentro e fuori, non è altro che il discepolo un po’ perso, vagante ma interessato alle piccole grandi storie o ad una chiacchierata con una bambina sconosciuta. La trama è esile e poco elaborata, i dialoghi poveri e saltuari, tuttavia ogni inquadratura, ogni battuta, ogni gesto contiene simbologie diverse e stimolanti.

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Alcune foto del film

La visione richiede pazienza ma il risultato sarà una completezza massiccia e pluridirezionale (da buona opera russa) che rarissimi film riescono a rappresentare. Significativa è inoltre l’immagine finale della Basilica senza tetto ( o così pare?), quasi un tendere verso un trascendente ignoto ed inaccessibile che prescinde da strutture fisiche e umane. E il cercare, sempre, ovunque, noi stessi, mantenendoci vivi, accesi come una candela. Tutto ha un inizio poiché tutto ha una fine. Ciò che conta non è tanto la meta, quanto il tragitto: scosceso, impetuoso, nostalgico. La verità? La verità è dentro i folli, i bambini, i poeti, i creatori di significati. L’importante è continuare, ricominciare sempre. Se c’è una terra che accoglie, una terra che è donna, fertile ventre colmo di vita, ci sarà un cielo che s’imprime, un cielo che è “uomo”, che è aria e s’infiltra, che è pioggia ed irrompe dentro l’umano. Una fecondazione continua. Se c’è una forza, una volontà che ci mantiene accesi, come ricordi di un tempo, ci sarà un vento che tenterà di spegnerla ma che in tal modo ne definisce ancor meglio l’essenza. E allora non sembrerà neppure così lontano né il tempo dell’inizio, né quello della fine . E forse ci sentiremo meno orfani. Meno soli. O madre, o madre, l’aria è quella cosa leggera che ti gira intorno alla testa e diventa più chiara quando ridi, disse il pazzo.

Marina Guerrisi

Note:
Le scene del film girate in B/N raccontano il passato.

Link utili:
Sito ufficiale

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