Pubblicato il: 2 Settembre, 2008

Le pagelle scolastiche della vecchia Italia

Il tasso di alfabetizzazione è probabilmente il parametro non economico più importante per indicare lo stato di sviluppo di una nazione e le condizioni di vita dei suoi abitanti. Ne consegue che la scuola rappresenti un indicatore cardine per verificarne i progressi, in altre parole un’istituzione fondamentale. Nel corso degli anni sono state numerose le modifiche e le innovazioni apportate al sistema scolastico dei diversi paesi che compongono lo scacchiere internazionale, in particolar modo a quello italiano. Le iniziative portate avanti dai vari ministri succedutisi al dicastero dell’Istruzione – più o meno azzeccate che fossero – hanno contribuito in maniera determinante a questo epocale cambiamento.

Molto si è discusso in merito alla strutturazione dei differenti ordini e gradi, alle materie di studio da privilegiare, all’abbigliamento degli studenti, al corpo insegnanti ed al cosiddetto personale ATA, ma ben poco si è detto sui documenti che attestano i risultati degli alunni: le pagelle. E’ interessante e curioso, invece, osservare come alcune voci un tempo presenti sui certificati di studio siano sparite o siano state sostituite da altre. Una pagella elementare dei primi anni ‘20 rivela come l’identificazione dello scolaro non avvenisse soltanto con l’indicazione del suo nominativo, ma anche con quello di entrambi i genitori, pertanto vi si legge: “Si certifica che l’alunno Mario Rossi proveniente da scuola pubblica figlio di Paolo e Maria Bianchi nato a Roma il 10/10/1910 è stato promosso alla classe quinta”.

Parimenti nella colonna degli “elementi della classificazione” compaiono singolari diciture figlie di usi e costumi di un tempo ormai superato. Su tutte spicca “Rispetto all’igiene ed alla pulizia della persona”, ma non sono da trascurare neppure “Volontà e carattere dimostrati nella ginnastica e nei giochi” e “Lavori donneschi e lavoro manuale”, così come “Lettura espressiva e recitazione” e “Scienze fisiche e naturali e nozioni organiche d’igiene”. I voti, poi, venivano attributi non – come accaduto in tempi recenti – mediante lettere dell’alfabeto, punteggi decimali o centesimali, aggettivi come Ottimo o Distinto, bensì con numeri ordinativi dove primo corrispondeva a Lodevole, secondo a Buono, terzo a Sufficiente, quarto a Mediocre e quinto a Insufficiente. Leggere uno di questi vecchi pezzi di carta, quindi, significa immergersi in un nostalgico passato in cui le figure della scuola e dei maestri apparivano in un aspetto più severo, ma forse anche meno ipocrita e più umano.

Andrea Bonfiglio

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