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Possessione o malattia? Il caso di Anneliese Michel

Nel 1976, in un paesino bavarese si consuma una tragedia degna del film horror che avrebbe ispirato Scott Derrickson ne “L’esorcismo di Emily Rose”: Anneliese Michel muore a 24 anni, fortemente debilitata a causa di continui digiuni e della rinuncia ai farmaci contro l’epilessia che le è stata diagnosticata; la ragazza ha smesso di assumere cibo e farmaci perché ritiene di essere posseduta da più demoni. Quando Anneliese comincia ad accusare sintomi quali irrigidimento delle membra, convulsioni e impossibilità di parlare, iniziano anche delle orrende allucinazioni: scorge volti demoniaci, sente delle voci esclamare “sei dannata” – le stesse voci che in seguito le avrebbero imposto di non mangiare. Nel corso di sei difficilissimi anni, la ragazza avrebbe alternato momenti di lucidità, in cui riuscirà a diplomarsi e a iscriversi all’Università, a fasi di allucinante malessere, assumendo comportamenti a dir poco inquietanti: si procura lesioni, mangia insetti, morde i propri familiari. Proprio durante quegli anni la cattolicissima Anneliese, appoggiata dalla famiglia, decide di rinunciare alle cure mediche per affidarsi alla Chiesa che, dopo alcune titubanze, dichiara lo stato di possessione demoniaca in cui versa la giovane in base ad alcuni comportamenti ritenuti “tipici”: inusuale avversione al sacro, alterazione e sdoppiamento della voce, forza fisica al di sopra delle normali capacità. Viene sottoposta a parecchie decine di esorcismi, di cui 24 registrati su nastro, tutti egualmente inefficaci; il suo peso scende sotto i 40 chili e la sua fisionomia è stravolta: lividi e contusioni in tutto il corpo, gengive ritirate e denti affilati, sguardo vuoto. In seguito alla morte della ragazza vengono effettuate delle indagini: l’autopsia stabilisce con certezza come la causa di morte sia stata la debilitazione fisica da malnutrizione e i genitori di Anneliese, insieme al pastore Alt e prete Renz, che avevano eseguito gli esorcismi, sono processati e condannati per negligenza e omicidio colposo. Fin qui sembra che la vicenda, per quanto orrenda e anacronistica rispetto alla Germania degli anni ’70, renda giustizia all’evoluzione della mentalità e della cultura condannando delle persone che, per fede, hanno appoggiato la decisone della Michel di rinunciare alle cure prescrittegli per affidarsi ad un rituale di antichissima tradizione, diffuso in tutte le tradizioni, totalmente avulso dalle pratiche mediche. Ma il fatto che gli imputati siano stati condannati a 6 mesi di prigione lascia interdetti: la pena è ovviamente sbilanciata rispetto all’entità del reato e probabilmente nemmeno la giuria era totalmente convinta della diagnosi medica dei comportamenti della ragazza. Nei secoli passati, moltissime persone affette da malattie (soprattutto epilessia o alterazioni della personalità) erano considerate indemoniate senza margine di dubbio; oggi si verifica la tendenza inversa, ma ciononostante si realizzano in tutto il mondo migliaia di esorcismi. Non solo nei paesini, non solo tra anziani superstiziosi: ma oggi sarebbe meglio considerare questa pratica come una cura spirituale dell’individuo che manifesta un disagio (spesso psichico, talvolta di origine non definibile razionalmente) che, se epurata da parossismi quali il digiuno o la mortificazione corporale, può rappresentare forse una via di salvezza, se la strada della medicina e della scienza sono state sbarrate.

Ornella Balsamo