Pubblicato il: 27 Ottobre, 2010

Pretty Baby

Pretty baby

“Ti amo tanto, sono innamorata, ti amo più della buona cioccolata.”

Il film è del 1978, di Louis Malle, con un’abbagliante Brooke Shields poco più che bambina come protagonista. La storia narra di Violet, figlia di una prostituta, interpretata da Susan Sarandon, che lavora in un bordello di New Orleans nel 1917: l’ambiente è familiare e intimo, un dipinto d’altri tempi, dai colori caldi e romantici. Quasi riesce difficile ricordare che il luogo in cui vive Violet è solo una squallida e sordida casa di appuntamenti dove i corpi e le anime sono usati e logorati come qualsiasi altra merce e, dove non dovrebbe esservi posto per i bambini. Un giorno giunge presso la “casa” un timido fotografo, Ernest James Bellocq, per fare qualche scatto alle prostitute. Violet è attratta da lui fin dall’inizio e non riesce a spiegarsi il disinteresse sessuale di Bellocq per le donne del bordello. Sarà lei stessa, quando la madre lascerà la casa con un uomo deciso a sposarla, a raggiungere il fotografo nel suo appartamento: a quel punto la verginità di Violet è già stata venduta all’asta e consumata,  lei parla a Bellocq utilizzando i modi delle donne del bordello, in modo buffo, da bambina;  lui cede e la accoglie in casa. Con incantevole distacco e con stupefacente innocenza, il regista riesce a raccontare una storia che comporta dei rischi: danzando sul filo del rasoio riesce infatti a non precipitare mai in possibili accenni pedopornografici, per quanto il film suscitò moltissimo scalpore nel ’78. In particolar modo Scotland Yard fece ritirare una foto da una mostra fotografica: Brooke Shields posava nuda, in modo provocante. Il film è un carillon che gira dolcemente seguendo il filo della sua malinconica e rassicurante musica, incantando e seducendo lo spettatore. L’amore tra Violet e il fotografo Ernest James Bellocq è diverso dall’amore di Humbert per Lolita, nell’opera di Vladimir Nabokov: la piccola e ridente Violet nasce in un ambiente che condiziona ed influenza la sua vita in modo drammatico ma felice, Lolita è una ragazzina viziata e capricciosa e, pur se innocente, molto maliziosa e consapevole dell’effetto che suscita; Violet è una bambina che non cresce con bambole e giochi, ma in mezzo a donne che vendono il proprio corpo e a uomini che vanno e vengono su e giù dalle stanze del bordello. Il suo approccio con le persone e il mondo è caratterizzato da un’incosciente ingenuità che sembra preservarla dal male: nata in cattività non conosce altra realtà. E Bellocq, di cui è innamorata propriop come una bambina può amare la cioccolata, l’ama di un tenero e sincero amore. Humbert è invece ossessionato e morbosamente legato alla sua dolce Lolita, che si prende gioco di lui con la malizia e la cattiveria di una donna che conosce l’arte della seduzione (pur restando una bambina in balia di un uomo molto più grande di lei). Sotto lo sguardo velato d’incanto del regista, si può osservare come la mente sgombra e pura di un bambino, possa essere plasmata e modellata con cura e tenerezza anche e soprattutto dal Male stesso. È forse per questa ragione che nel film manca una coscienza non corrotta, uno sguardo impietoso che possa guidare le percezioni e le sensazioni dello spettatore: c’è solo Violet con la sua spiazzante innocenza che ci suggerisce uno sguardo soggettivo all’interno del suo mondo.

Elena Minissale

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