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Prima erano le cosmicomiche. Ora si ride di meno

Probabilmente Dick da qualche parte sta godendo terribilmente. Sulla Luna pare ci sia acqua. A dirlo era stata la sonda indiana Chandrayaan prima di perdersi senza lasciare traccia. Troppo facile ironizzare sulla provenienza e a fermare l’inutile cicaleccio da bar ci ha pensato il Times of India. Certo la frase sembrava più uno scoop da reporter da medium. Ma l’ipotesi è stata poi discussa da Carle Pieters, capoccia del progetto Moon Mineralogy Mapper. E si scopre che già nel 1999 sia la sonda Cassini, in viaggio per Saturno, sia Deep Impact verso la cometa Hartley avevano dato segnali positivi. Il problema è che le molecole pare siano create dall’azione delle particelle solari e che la loro localizzazione sia quasi impossibile data l’instabilità della reazione e la diffusione a raggio mobile del fenomeno. L’universo insomma è in fermento. Abbandonato momentaneamente il dibattito sulle superstringhe e l’antimateria ecco gli scienziati tornare con i piedi, se non per terra, almeno al cielo più prossimo. Più o meno. Acqua sulla Luna, alieni in vacanza sulla Terra (per pura coincidenza ottima pubblicità per l’uscita di District 9 di Neill Blomkamp), facce fossilizzate e monoliti su Marte. A fregarsi le mani sono quelli di scientology che nonostante la propaganda mediatica dei loro ricchissimi adepti (John Travolta, Tom Cruise) ultimamente non navigava in ottime acque. L’astronauta Buzz Aldrin che per anni aveva cercato di spingere la Nasa verso Marte, forse un po’ scocciato per l’aumentare del brusio legato alla scoperta dell’acqua sulla Luna, affonda: su Marte c’è un monolite, Phobos. Chi lo ha messo lì? Non vale rispondere Stanley Kubrick. Viste le dimensioni della pietra in questione servirebbero due braccia come quelle di Schwarzenegger in Atto di forza. Certo è che bisogna fare in fretta. Il 2012 è alle porte e se anche i Maya dovessero fallire, l’unica speranza che rimane ai fatalisti interstellari è sperare in un’emulazione da parte della Terra del pianeta Wasp-18b. Pianeta kamikaze che nel giro di un miliardo di anni si suiciderà all’interno del proprio Sole. Grosso dieci volte Giove, a 325 anni luce dalla Terra, all’interno della costellazione della fenice. Ironizzerei sul fatto che a seccarli ci penserà qualche malanno più prossimo rispetto ad un’apocalisse galattica. Partiamo dal presupposto che trovare un pianeta suicida è una missione complicata come quella di trovare un nuovo numero primo. Oltretutto senza la ricompensa di 150-250 mila dollari. Detto questo, giusto per non dare troppa speranza agli amici della setta dell’Armageddon, ricordo il nome della costellazione. La resurrezione sarebbe un colpo troppo duro da digerire. Insomma niente di nuovo dal fronte. Ogni tanto la giostra gira e riporta in superficie qualche vecchio mito, qualche teoria che viene confutata per poi essere riadattata e venerata come acqua santa. Il mercato ringrazia.

Luca Colnaghi