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Professionalità: paradosso o barzelletta?

La professionalità è un termine che presenta varie sfaccettature: un attore è professionale per il solo fatto che studia, lavora e si esibisce con impegno e devozione? O la sua professionalità esiste in modo pieno quando adempie a tutti gli impegni presi, che siano anche semplicemente legati ai suoi rapporti di lavoro e di collaborazione? Un regista, un drammaturgo, un autore teatrale è professionale solo perché crea opere valide, impegnate e interessanti? Perché si prepara per mesi e mesi di lavoro, fatica ed impegno? O per ritenerlo professionale in senso pieno deve anche essere serio nei suoi rapporti di collaborazione e nelle parole date? Perché questa riflessione sul termine professionalità? Perché nel mondo della cultura e dell’arte la professionalità è molto complessa e sottile e ci si aspetterebbe una maggior disponibilità, comprensione e sensibilità, oltre ad un’apertura mentale, invece si verifica la cosa opposta: ottusità e mancanza di serietà. Vi proponiamo il caso di un laureato siciliano, docente supplente nei licei, che, avendo sempre avuto la passione per l’arte e la cultura, ha cercato più volte di promuoverla, sostenerla, nelle varie occasioni. Oltre a recensire mostre e a promuovere giovani artisti ha anche sostenuto cause culturali da parte di attività artistiche in difficoltà, coinvolgendo quante più persone possibili. In Sicilia (ma forse anche in altre regioni) ci sono periodi in cui le compagnie artistiche locali autonome non ottengono i finanziamenti sufficienti per affrontare le spese per poter svolgere la propria attività, così quelle più tenaci danno inizio ad una mobilitazione attraverso lettere e altre forme di protesta a volte rese più immediate dal consenso di altre persone. Il giovane professore aveva sostenuto la causa di una compagnia teatrale, credendo nell’ideologia della professionalità e del rispetto di essa; una delle caratteristiche principali della cultura in Sicilia è che essa spesso si realizzi in modo gratuito, ciò significa, in modo più specifico, che in genere chi si occupa di promuovere, sostenere, o fare cultura viene sottopagato o addirittura non pagato e poiché gli artisti e gli operatori culturali in primo luogo lo sanno, è più che comprensibile il fatto che essi vogliano far valere le loro ragioni, del resto una compagnia teatrale (musicale etc.) non può portare avanti i suoi progetti se non può metterli in pratica e senza fondi e sovvenzioni ciò non può realizzarsi. Il laureato in questione, di cui omettiamo il nome per una questione di privacy ma soprattutto perché siamo certi che non sia capitata solo a lui questo genere di situazione, ha quindi creduto fermamente nell’equità e nella serietà di chi elargisce cultura a livelli alti e pretende a ragione dei riscontri. Così è entrato in buoni rapporti con alcuni operatori artistici, ha collaborato con essi per la promozione di un progetto artistico che sarebbe dovuto essere retribuito (stando agli accordi presi e alla fiducia data a chi ha portato avanti la sua lotta in nome del riconoscimento della professionalità e del lavoro di chi, nel suo piccolo, promuove l’arte in generale). Insomma, la fine della storia si può prevedere: il giovane professore, dopo aver promosso e divulgato (nonostante i suoi impegni scolastici e non) per giorni l’arte di alcune compagnie, dopo un paio di mesi, nel momento in cui si attendeva la sua retribuzione (di certo non cifre da capogiro ma più di un paio di centinaio di euro) non è stato più contattato da quegli stessi operatori che avevano instaurato la collaborazione con lui e non ha nemmeno avuto risposte quando ha cercato di contattarli lui.

Morale della favola? Il giovane professore, che si era fatto in quattro per sostenere la causa delle ingiustizie nei confronti di chi svolge un lavoro senza essere equamente retribuito, specie quando dietro ci sono titoli e competenze, aveva lavorato gratuitamente per conto di quegli stessi artisti che poco tempo prima avevano protestato contro l’indifferenza economica delle istituzioni locali. Un paradosso o una barzelletta? Una sgradevole realtà; in Sicilia accade anche questo.

Sabina Corsaro