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Quei ragazzi di Regalpetra

Per conoscere bene una persona ci devi mangiare insieme una montagna di sale

Nella suggestiva cornice del Teatro greco-romano di Catania, Vincenzo Pirrotta racconta i ragazzi di vita di Regalpetra. Il best sellers di Gaetano Savatteri approda sul palcoscenico a due anni dalla pubblicazione.
Il bianco, colore del sale delle miniere di Racalmuto, dove i minatori lavorano sei giorni a settimana dalla mattina alla sera, a pala e picu, senza tempu di sfaddari e di pizzari.
Il rosso del vino, che i lavoratori di Racalmuto bevono la domenica, nell’unico giorno di riposo, nel bar del quartiere.
Il rosso del sangue che chiama sangue, che dipinge le strade di Racalmuto durante i regolamenti di conti tra gli stiddari e cosa nostra.
I colori di una Sicilia arsa dal sole,   in una dimensione     quasi ancestrale. È questa la Sicilia che Gaetano Savatteri, giornalista e scrittore ha raccontato nel suo best sellers Quei ragazzi di Regalpetra, edito da rizzoli nel 2009, e di cui ha curato anche la riduzione teatrale insieme a Vincenzo Pirrotta, regista e attore siciliano, nello spettacolo omonimo, messo in scena dal Teatro Stabile di Catania, per la stagione 2010-2011 al Teatro Greco Romano di Catania dal 16 al 26 giugno. Recalmuto-Regalpetra, è il nome utilizzato da Leonardo Sciascia, nella finzione narrativa, per parlare della propria città natale. E l’eredità dello scrittore è forte nel paese siciliano. Nanà o il professore come lo conoscono al paese, colui che ha raccontato la mafia di Racalmuto, e dopo di lui ci si è illusi che la mafia fosse finzione letteraria, che a Racalmuto nun ci n’é mafia, al massimo qualche omicidio di corna, al massimo qualcuno ogni sparisce non si sa che fine faccia. E, invece, la presenza della mafia a Recalmuto-Regalpetra è forte e si respira sin dalla tenera infanzia, ci si fa giustizia da soli, perché sangu chiama sangu, e perché si deve lavare l’onore, si creano e consolidano gerarchie all’interno dei clan, si pianificano stragi cruente, come quella del biliardino, in cui a perdere la vita furono 11 ragazzi, tutti al di sotto dei 14 anni, e si impara a fare finta di nulla, come per la strage del 23 luglio del 1992, una strage che colorò di sangue le strade del paese, ma di cui dopo tre giorni non si parlò più. Racalmuto, un paese dove diventare adulti significa scegliere tra legalità e mafia. La forza della parola e dell’oralità, elemento centrale della ricerca drammaturgica di Pirrotta, al servizio di un teatro di denuncia. Una messa in scena che gioca tra novità e tradizione, la presenza del coro, tipico della tragedia greca, qui si coniuga con la ritualità del teatro orientale, Originale il connubio tra elementi della tragedia classica e del teatro orientale canta e recita tutte le vicende, partendo da un fatto specifico per poi svilupparlo in maniera universale.
Suggestivo l’accompagnamento musicale, curato dall’orchestra del teatro massimo Vincenzo Bellini sulle musiche originali di Luca Mauceri.

Laura Timpanaro