- Lo Schiaffo - https://www.loschiaffo.org -

Quel bracciale da 11 milioni di euro

Non si tratta di un gioiello tempestato di diamanti, né di un cimelio appartenuto a chissà quale star del passato. Il “gioiello” in questione è il cosiddetto braccialetto elettronico, arrivato in Italia circa nove anni fa e presentato come rimedio miracoloso per risolvere il problema del sovraffollamento delle carceri. Ora – dopo anni di sperimentazioni varie – è il momento di tracciare un bilancio: il braccialetto elettronico, allo stato attuale delle cose, è un clamoroso flop su tutti i fronti. Indossato fino ad oggi da circa 10 detenuti, a conti fatti, costa ai contribuenti italiani la sbalorditiva cifra di 11 milioni di euro all’anno.

Nel 2001, infatti, l’allora Ministro della Difesa Enzo Bianco e il Guardasigilli Piero Fassino firmarono l’accordo con la Telecom per il noleggio fino al 2011 di ben 400 dispositivi anti-evasione per la sbalorditiva cifra di 110 milioni di euro. Una cifra assurda, uno spreco inutile per un oggetto che parrebbe quasi eufemistico definire sottoutilizzato, visto che al momento il prezioso oggetto è indossato da un solo individuo, nella città di Milano.

La “colpa originaria” – se così si può definire – è di un detenuto sudamericano che nell’aprile 2001 si era offerto volontario per la sperimentazione della nuova apparecchiatura. Tre mesi dopo, il suddetto aveva lasciato la propria abitazione ed era diventato un evaso ufficiale dopo aver sganciato, senza complicazioni, il fastidioso bracciale. Da allora, chiaramente, nessun giudice si è più fidato.

Ora lo Stato è obbligato a pagare l’intera somma fino al 2011, visto che nel contratto di allora fu inserita una clausola che impediva la rescissione, a dimostrazione della maggiore (e furba) lungimiranza della Telecom in confronto a quella dei vertici istituzionali dello Stato Italiano.

In attesa di nuove e rivoluzionarie tecnologie, a quanto pare, l’unico braccialetto a funzionare in carcere è di comune metallo, doppio e collegato da una semplice catenella di ferro: le manette.

Aldo Nicodemi