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[Racconti a puntate] Il fuoco e il faro (seconda parte)

Abbiamo bevuto qualcosa, dopodiché lei è andata via. Da quel momento non ho potuto togliermi dalla mente la sua voce e il profumo della sua pelle.

L’ho chiamata dopo circa una settimana, poiché i miei studi non mi avevano permesso di liberarmi la sera in orari decenti. Lei è stata molto contenta e lusingata della mia telefonata; quella prima conversazione telefonica durò più di un’ora.

Parlammo di tutto: dei film di Truffaut, dei libri di Lawrence, di psicologia, di scherzi da liceali, di De Sade  e di musica (oltre a quella classica che lei oltretutto suonava).

Da quella sera per quattro mesi Sonia ed io [1] ci sentimmo quasi tutte le sere. C’era tra noi un patto: fino a quando io l’avrei chiamata ci saremmo contattati, ma se io non l’avessi  più cercata, lei non mi avrebbe mai chiamato. Forse fu proprio questo patto  a farmi sentire la voglia di telefonarle spesso.

Il primo mese fu caratterizzato solo da telefonate.
– Cosa stai facendo in questo momento? Dimmi in quale stanza ti trovi.

Parlare con lei mi suscitava sensazioni molto intense. Mi eccitava la sua voce,mi evocava un senso di intimità peccaminosa. Poi, una sera, decidemmo di vederci.

E ci incontrammo a Messina: avrei potuto invitarla in uno degli alberghi più belli della Sicilia o persino portarla a Parigi, ma fu lei stessa a chiedermi di incontrarci lì dove c’eravamo conosciuti.

A Viviana dovevo dare poche spiegazione, per il lavoro che facevo era naturale che partissi spesso per convegni e ricerche.

Quella sera andai a prendere Sonia alla stazione degli autobus.

Portava una mantellina nera, che le copriva le spalle, e i capelli, che al primo incontro aveva tenuto legati in uno chignon, adesso erano lunghi ed ondulati.
Ci dirigemmo verso una zona della costa e ci fermammo dove  c’era un faro con accanto una piccola casa disabitata.

C’era molto vento e quando salimmo fino al balcone che attorniava la parte più elevata della costruzione, divenne ancora più violento.

Sonia aveva tolto la mantellina e indossava una sottana lunga di seta bianca che evidenziava le sue forme sinuose.

Guardavamo il mare che si agitava e si infrangeva ferocemente sugli scogli. Gli spruzzi che nascevano da quello scontro sembravano arrivare fino a noi: eravamo entrambi soggiogati da quello spettacolo notturno. Poi ci fissammo negli occhi e decidemmo di scendere ed entrare nella piccola casa deserta…

Continua…  
Carl Lucas