Pubblicato il: 11 Giugno, 2008

Rom: minaccia reale o capro espiatorio?

RomIn queste settimane si è parlato moltissimo del pericolo rappresentato dai rom; il governo ha promesso che questa volta la mano delle istituzioni sarà durissima contro l’illegalità e contro i campi abusivi presenti in gran parte delle nostre città. I giornali e le televisioni non fanno che descrivere episodi scabrosi che vedono i rom protagonisti. Sicuramente in certe realtà i campi nomadi costituiscono un problema; la tendenza dei rom ad emarginarsi dalla società civile e a vivere di regole proprie, che a volte contrastano con le normative vigenti, è agli occhi di tutti. E’ vero anche che molti “zingari” vivono di piccoli furti, sono avversi alla concezione stessa di lavoro, mandano i loro bambini nelle strade ad elemosinare nelle strade, spesso con la minaccia di severe ed umilianti punizioni nel caso essi tornino a mani vuote. Tuttavia, un conto è evidenziare i problemi effettivi di ordine pubblico che i rom possono causare con alcuni loro comportamenti, un conto è fare della “questione rom” il principale problema sociale e politico dell’Italia.

In tutte le epoche e in tutte le nazioni i governi hanno utilizzato e fomentato i pregiudizi della popolazione per indirizzare il risentimento dei cittadini contro minoranze presenti sul territorio nazionale, distogliendo così l’attenzione dell’opinione pubblica dai reali problemi del paese, che i governi non sanno o non vogliono risolvere. Le minoranze che maggiormente si prestano a tali operazioni sono spesso costituite da etnie i cui membri sono facilmente identificabili, poiché portatori di particolari tratti somatici, specifici indumenti, precisi stili di vita, nomi palesemente molto diversi da quelli dell’etnia dominante.

In tal modo la società civile si compatta contro un’etnia particolare, dimentica i reali problemi del paese, si stringe intorno al proprio governo alla ricerca di protezione e sicurezza. Gli ebrei sono stati gli ideali capri espiatori per millenni, poiché non avevano uno stato e poiché avevano tutte le caratteristiche sopra menzionate, che facevano di loro un bersaglio facilmente identificabile. Adesso questa “funzione” può essere ricoperta perfettamente dai rom e sembra proprio che l’Italia sia un esempio perfetto di tale atteggiamento. Questa politica è però sbagliata e pericolosa. Stigmatizzare un’etnia, addossandole le colpe dei mali che affliggono la società, porta a generalizzazioni grossolane.

Adesso è opinione diffusa che i rom siano tutti ladri, che amino vivere nella sporcizia, che non abbiano rispetto per i propri figli. L’analisi obiettiva dei fatti mette però in luce una situazione molto più complessa e variegata; emerge allora che non pochi nomadi lavorano, che molti di loro vorrebbero una casa, che vi sono grandi differenze culturali e di stili di vita tra i diversi gruppi nomadi. A torto dopo i tragici eventi del ‘900 avevamo ritenuto che le generalizzazioni, le banalizzazioni e i pregiudizi nei confronti di particolari etnie fossero ormai brutti ricordi del passato, che i milioni di morti (tra i quali quasi un milione di zingari; in quanti in questi giorni hanno ricordato questo fatto certo non trascurabile?) sacrificati sull’altare della politica totalitaria non fossero periti invano.

Le parole di Primo Levi sembrano rimaste inascoltate: “A molti, individui o popoli, può accadere di ritenere, più o meno inconsapevolmente, che ogni straniero è nemico. Per lo più questa convinzione giace in fondo agli animi come un’infezione latente; si manifesta solo in atti saltuari e non coordinati, e non sta all’origine di un sistema di pensiero. Ma quando questo avviene, quando il dogma inespresso diventa premessa maggiore di un sillogismo, allora, al termine della catena, sta il lager. Esso è il prodotto di una concezione del mondo portata alle sue conseguenze con rigorosa coerenza: finché la concezione sussiste, le conseguenze ci minacciano”.

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