Pubblicato il: 2 Marzo, 2012

Secuestrados

secuestrados-locandinaJaime, sua moglie Marta e la figlia diciottenne Isa si trasferiscono in una nuova casa nella periferia di Madrid. La sera stessa del trasloco tre uomini con il volto coperto da un passamontagna irrompono nella loro villa per derubarli. I banditi, però, non si accontentano dei pochi soldi e degli oggetti che trovano tra quelle mura: vogliono tutto ciò che hanno, e per ottenerlo sono disposti a qualsiasi cosa…

Secuestrados, pellicola diretta dal promettente regista spagnolo Miguel Angel Vivas, non lascia spazio all’immaginazione: si viene immediatamente catapultati in un incubo e, fin dai primi fotogrammi, si intuisce già dove si andrà a finire. Questo capita perché la sceneggiatura non è propriamente originale. Con una trama simile abbiamo già visto Funny Games o L’ultima casa a sinistra, per cui anticipare la storia è piuttosto semplice. Ciò che colpisce maggiormente del film è il suo ritmo incalzante, la suspence che non perde mai un colpo, la tensione da cardiopalma, la paura che la fine a tanto orrore non arrivi mai. Perché Secuestrados è un film violento, di quella violenza di cui purtroppo si legge sui giornali; che rende increduli, spaventati, e non rimane racchiusa nella sala di un cinema. Con maestria, il regista ci avvicina ai personaggi e all’inferno che stanno vivendo attraverso primi piani, piani sequenza e diversi split screen. In questo modo ci mostra non solo tutto quello che avviene dentro la casa, ma contemporaneamente anche fuori: ossia tra i bancomat della città, dove Jaime è trascinato da uno dei rapinatori per poter prosciugare per bene i loro conti correnti. L’epilogo non lascia scampo, non permette di riprendere a respirare. Unica scelta discutibile: quella dei tre delinquenti provenienti dall’Est Europa, che potrebbe dare adito a qualche polemica. Bravi e credibili gli attori. Un film che conferma la Spagna come la nuova patria dell’horror/thriller, assolutamente da vedere: magari dopo essersi assicurati che porte e finestre siano ben chiuse.

 

Mariangela Celiberti     

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