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Solidarietà tutta italiana

È dai tempi dell’Unità d’Italia che siamo un insieme casuale di individui che non ha mai imparato, e forse non lo farà mai, a fare sistema. Una comunità ad alto indice di elusione ed evasione fiscale, dove la fa da padrone la criminalità organizzata, il rancore sociale e l’arroganza politica dilagante. Poi, arriva un terremoto e ci scopriamo solidali, efficienti, uniti, teneri individui realmente dispiaciuti, brava gente. Ma è un fuoco fatuo, che dura poco, anzi forse è già finito. Basta entrare un po’ più affondo nella questione che ci si accorge che anche in questo frangente qualcuno è stato capace di fiutarci il business, il guadagno, qualcun altro ha fatto sciacallaggio a destra e a manca, altri ancora hanno organizzato truffe sulle raccolte di fondi, di vestiti e di cibo. Intanto, il mondo ci ha osservato, ci ha voluto offrire una mano: è stato con noi. Ma noi? L’abbiamo tenuto fuori. Ci sono bastati i nostri soldi. Noi siamo stati un popolo fiero, e lo saremo sempre, anche in queste occasioni. È questo il modo di essere un popolo realmente fiero? Ma di che? Di costruire e, ora, ricostruire all’italiana case che si sbriciolano e che si piegano su se stesse? Di utilizzare tutto il possibile pur di fregare il prossimo e di farlo sperando nel buon Dio e nell’impunità?

Abbiamo visto partire bonifici, versamenti, messaggi solidali; abbiamo visto offrire posti letto, seconde case inutilizzate, vestiti e chi più ne ha più ne metta. Si è anche assistito ai palliativi del mondo del calcio: un minuto di raccoglimento su tutti i campi, in cui la totalità degli addetti ai lavori si mostrava realmente provata. Peccato che quegli stessi campi, dieci minuti più tardi, si sono trasformati in ring veri e propri, dove se le sono menate di santa ragione, in barba agli appelli e ai momenti difficili. Abbiamo visto la solidarietà sbandierata ai quattro venti: ma la solidarietà, quella vera, si fa in silenzio, non c’è bisogno di vantarsene, né di essere orgogliosi e soprattutto non è una condizione provvisoria. Non si fa solidarietà solo di fronte alle calamità o alle tragedie evidenti. E, inoltre, non deve essere un pretesto per chiedere di più. Non vuole assolutamente essere una critica alla corsa alla solidarietà a cui abbiamo assistito in questi giorni. Tutt’altro. Tutto quello che è stato fatto è da apprezzare. Il problema, a mio avviso, è l’eccessiva adorazione di questi gesti: improvvisamente gli italiani si sono trasformati da popolo menefreghista, spietatamente cinico e interessato solo all’apparire, a popolo unito, solidale, mosso dalla carità cristiana. È possibile tutto questo? O la solidarietà mostrata è solo indotta dall’impossibilità di non emozionarsi di fronte alle tante, terribili immagini che ci sono state somministrate dalle televisioni?

Massimiliano Mogavero