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Storia di un giornalista messo a tacere

“Quando la morte mi chiamerà
nessuno al mondo si accorgerà
che un uomo è morto senza parlare
senza sapere la verità”

(F. De André – Il testamento)

La vicenda di Giovanni Spampinato forse non è nota ai più. Era un corrispondente dell’Ora di Palermo e dell’Unità; viveva a Ragusa e faceva bene il suo mestiere di giornalista, indagando sul delitto dell’imprenditore Tumino e sul contrabbando di beni archeologici nella Sicilia orientale. Per questo venne ucciso a 25 anni, il 27 Ottobre del 1972, da Roberto Campria, ma le circostanze e soprattutto i mandanti del delitto, di chiaro stampo mafioso, non furono mai svelati con chiarezza. Il caso del cronista è stato al centro della conferenza Giovanni Spampinato: la vicenda oscura di un giornalista ragusano tenutasi lo scorso 26 Agosto al Festival del giornalismo di Modica. Presenti il fratello di Giovanni, Alberto Spampinato, lo storico Carlo Ruta – autore di varie opere sulla mafia nel ragusano –  ed il regista teatrale Giovanni Rossi, autore di un’inchiesta drammaturgica sul caso Spampinato.

Secondo Ruta «molte cose su questo delitto sono state dette, ma altre rimangono da dire: per una sorta di riflesso condizionato, nella Sicilia orientale, dopo l’omicidio si va in cerca di un assassino e non degli assassini. Bisogna guardare al contesto ed individuare quindi l’operato di più persone. Quella di Spampinato fu definita una morte senza testimoni, mentre è certo che la sera del delitto vi fossero quattro testimoni, allora giovani; le indagini non approfondirono, ma oggi questi signori sono ancora in vita ed interrogabili». Alberto Spampinato ha spiegato: «La Sicilia orientale era ritenuta immune dal fenomeno mafioso. In una parte della Sicilia la mafia è insediata militarmente, mentre l’altra parte serve da retroterra e deve essere un posto tranquillo; mio fratello aveva intuito che qui si nascondevano i latitanti, si svolgevano gli addestramenti militari di gruppi di estrema destra, che era punto di arrivo di merci di contrabbando». Giovanni Rossi ha affermato: «L’assunzione di responsabilità umana e professionale è il grande messaggio che Giovanni Spampinato lascia in eredità ed è tutta racchiusa in una sua frase: “Ho capito che quello che faccio, devo farlo bene.”»

Ornella Balsamo