Pubblicato il: 16 Aprile, 2010

The Aces: tra rock e realtà

Le premesse per creare della buona musica ci sono tutte: il sound degli Aces gruppo di quattro giovanissimi catanesi – Riccardo Cantarella (voce), Vittorio Di Stefano (chitarra), Pierluca Castelli (basso), Damiano D’Urso (batteria) – strizza l’occhio al rock classico ma si apre a contaminazioni moderne, attraversa vari generi creando un interessante mix. Ciò che colpisce di più è la decisione, da parte di ragazzi tanto giovani, di omaggiare la tradizione riuscendo tuttavia a creare pezzi pieni di energia e freschezza, come Ordinary Madness. Conosciamo meglio la band.

– Parlatemi in breve del vostro gruppo: quando è nata l’idea di formare una band?

Riccardo: «Il gruppo è nato nel 2006, all’inizio più per divertimento. Abbiamo praticamente iniziato e imparato a suonare insieme; non appena abbiamo potuto strimpellare nelle sale prove, l’idea del gruppo si è fatta viva».

Pierluca: «Abbiamo iniziato direttamente componendo pezzi nostri, e non proponendo cover: in questo senso, vogliamo proporre qualcosa di nuovo».

– Vi rispecchiate in un genere? Quali le influenze musicali?

«Le influenze sono tante perché ascoltiamo generi diversi. Si va dal rock anni ’70 e ’80 alle novità più recenti. Omaggiamo il rock classico ma non mancano incursioni metal, punk, jazz, fusion, e ciò si avverte nei nostri brani, che sono molto diversi fra loro. Non possiamo dire di aver creato un genere nuovo, perché non è nelle nostre intenzioni: per noi è più importante innovare a livello interpretativo.»

– A tal proposito, quanto contano per voi l’immagine e l’esibizione dal vivo?

Damiano: «Moltissimo, anche se all’inizio non era così: suonavamo da poco, ci mancava l’esperienza (anche tecnica) e la priorità era quella di migliorarci. Abbiamo sviluppato un’immagine coerente da poco, mentre prima eravamo decisamente meno omogenei sul palco».

Riccardo: «All’inizio ero molto più “rigido”, invece all’ultimo live è stato un tripudio di parrucche e costumi: la stravaganza aiuta ad atteggiarsi in maniera più spigliata».

– C’è abbastanza spazio per la musica a Catania?

Pierluca: «Praticamente tutti suonano a Catania, ci sono tantissimi gruppi. Però noto, nell’ambito delle serate dal vivo, che i pagamenti da parte dei locali sono quasi un’elemosina; la colpa è proprio dei gruppi che tendono ad accontentarsi e non si impongono per far valere i propri diritti. Eppure è proprio il gruppo a fare andare avanti il locale, attirando persone che consumeranno».

Vittorio: «Qua è molto diverso rispetto al Nord Italia: lì è spesso il locale ad ingaggiare i gruppi, e non il contrario. E la paga è molto più alta, la strumentazione viene messa a disposizione dei musicisti. È anche vero che fra i tantissimi gruppi esistenti qui a Catania, non tutti hanno la preparazione tecnica o la serietà necessarie, mentre in genere da un live ci si aspetta un minimo di qualità».

– I vantaggi di essere “indipendenti” e di farsi conoscere tramite internet?

Riccardo: «C’è di buono che internet mette tutti sullo stesso piano, anche se ultimamente MySpace sembra essere un po’ “morto”, forse a causa di Facebook».

Vittorio: «Vorrei che ci registrassimo alla Siae, per poter distribuire la nostra demo: per noi è importante che la circolazione della musica sia protetta».

Ornella Balsamo

Lascia un commento

Devi essere collegato to post comment.