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“Una barca nel bosco”: dedicato a tutti gli “scostati”

E allora inizia il primo giorno di liceo. Che è una di quelle cose che poi dovresti ricordare tutta la vita. Io invece è meglio che me lo dimentichi, perché questo benedetto primo giorno lo passo guardando scarpe. Dico le scarpe dei miei compagni. Perché loro le guardano a me. Guardano e ridono.  E io allora mi metto a fare uguale, solo che io non rido.

A parlare è Gaspare, protagonista di Una barca nel bosco, romanzo con il quale Paola Mastrocola, insegnante – scrittrice piemontese, ha vinto il Premio Campiello 2004.

Dopo aver, infatti, raccontato la scuola dal punto di vista dell’insegnante con il romanzo La gallina volante (2000), Paola Mastrocola fa una sfida con sé stessa: riuscire a parlare come un adolescente, dando a Gaspare Torrenti una voce sì giovane ma al tempo stesso antica, da ragazzino spaesato,  da “barca nel bosco”, appunto. La scrittrice ha sempre avuto un occhio di riguardo per la diversità, per i cosiddetti “scostati”, per tutte quelle persone che si “scostano” dalla vita comune evidenziandosi per la loro personalità originale: una  simpatia innata per uomini e donne fuori dal comune, solo un pelo sopra la norma, in grado di guardare oltre i confini.

Gaspare Torrenti è uno di loro: un tredicenne amante morboso di Orazio e Verlaine, latinista convinto, che si trova a fare i conti con coetanei vuoti, griffati e rimbecilliti che scherniscono chi non sta al passo con le ultime tendenze dettate dalla moda. È proprio questo il “bosco” nel quale vaga sperduta la “barca” Gaspare: la Mastrocola, attraverso questa metafora, ci racconta sì la storia di un adolescente fuori dal comune ma anche quella della banalità di una società incapace di stupirsi di fronte alle Odi di Orazio.

Paola Mastrocola dà vita a quello che lei stessa definisce un romanzo di “sformazione”, narrando l’inesorabile appiattimento del talentuoso Gaspare al quale questa assurda società  non perdonerà il candore, la buona volontà e soprattutto il talento, tutti ostacoli pronti a frapporsi tra lui e i compagni. La penna ironica e pungente della Mastrocola, come un coltello, gira e rigira nella piaga, con la speranza di riuscire a svegliare dal torpore la scuola italiana, che premia solo il più furbo permettendo, tragicamente, ad un’intelligenza sublime di omologarsi all’insulsa moltitudine che lo circonda. Leggendo questo delizioso romanzo si sorride amaramente, accarezzando con lo sguardo e con la mente il giovane Gaspare, goffo e impacciato, piccolo genio incompreso della cultura, soffocato dal continuo sentirsi inadatto, dal non saper giocare ai videogames e dal non avere mai le scarpe della giusta marca!

Uno scostato come Gaspare, però, riuscirà comunque ad avere successo, a trovare la sua strada, non senza prima aver dovuto rinunciare ai proprio obiettivi, a discapito dei sacrifici fatti dai genitori, grazie anche al supporto di due figure importanti: la Zia Elsa, l’unica a comprenderne il dramma e vivere con tenerezza il suo “sbandamento”, assecondandone i desideri e l’amico Furio, altra barca nel bosco, col quale darà vita ad un surreale progetto che diventerà il suo stesso perenne rifugio.

Un romanzo da gustare pagina per pagina, piano piano, poiché la sensazione sarà sempre la stessa che già conosce chi ha avuto la fortuna di leggere le altre fatiche letterarie di Paola Mastrocola: l’impressione, cioè, di essere stati invitati ad una festa organizzata solo per noi lettori, dove non servono altro che un libro, gli occhi (soprattutto quelli dell’immaginazione) ed una buona dose di ironia.

Maddalena Vecchio