Pubblicato il: 5 Aprile, 2008

Una società in declino

Il crollo dell’impero sovietico e del suo sistema aberrante avevano dato all’occidente l’erronea convinzione di possedere ed attuare il miglior sistema economico e sociale possibile.

La “vittoria” americana ha persuaso i più che il liberismo economico, seppur imperfetto e soggetto a crisi cicliche e recessioni, fosse l’unico in grado di sfamare la popolazione mondiale e farci dimenticare, una volta per tutte, gli incubi maltusiani del passato.

Tuttavia, con il trascorrere degli anni e con l’abbandono delle politiche sociali del welfare state negli anni ‘70, è divenuto sempre più evidente che le cose non stavano proprio in questi termini.

Dal punto di vista economico e occupazionale abbiamo potuto constatare come il liberismo sfrenato di stampo americano, verso il quale corriamo a grandi passi, non sia stato in grado di porre rimedio ai problemi della nostra società.

La piena occupazione rimane un ricordo del grande boom degli anni ’50-’60. Larghe fette dei popoli europei sono ancora escluse dal mondo del lavoro; i salari, sull’onda della competizione internazionale, tendono a scendere anziché ad aumentare e con essi peggiorano anche le condizioni socio-economiche di chi li percepisce.

La produzione industriale si sposta nei paesi in via di sviluppo, dove la manodopera è molto più economica e quasi mai sindacalizzata; le grandi imprese possono così corrispondere salari da fame e non si devono preoccupare delle violazioni dei diritti dei lavoratori.

Lo squilibrio di reddito tra nord e sud del mondo aumenta, alimentando un circolo vizioso pernicioso, che va a tutto vantaggio delle grandi multinazionali: gli operai dei paesi poveri sono ancor più disposti a lavorare per stipendi bassissimi, contribuendo così ad aumentare il divario di reddito con i “cugini” più fortunati dell’emisfero settentrionale.

La tecnologia riduce sempre più il bisogno di manodopera e l’occupazione nei paesi occidentali si concentra nel settore dei servizi. In tale ambito le conoscenze e il livello di studio divengono fondamentali, escludendo così dai posti migliori coloro i quali non hanno potuto permettersi un percorso universitario.

L’equilibrio dell’economia mondiale è appeso a un filo. Un crollo della borsa di Wall Street porta con sé un tonfo parallelo delle borse europee e asiatiche; un improvviso aumento del costo del petrolio provoca spaventosi aumenti dell’inflazione, che si ripercuotono quasi esclusivamente sui lavoratori dipendenti e sulle fasce più deboli della popolazione.

Ma, tralasciando le questioni puramente economiche, nelle quali come abbiamo visto la situazione non è confortante, possiamo affermare che dal punto di vista sociale e civile l’uomo sia progredito?

Purtroppo la risposta è semplice e banale: no.

La stessa concezione di progresso ha subito enormi distorsioni. Nei secoli scorsi, almeno fino alla rivoluzione industriale, con tale termine si soleva intendere un miglioramento delle condizioni non solo materiali, ma anche e soprattutto sociali e spirituali dell’uomo.

Oggi, al contrario, il progresso è per i più un aumento della produzione e del consumo, completamente sganciato dal tipo di evoluzione della natura umana.

Il sistema liberista insegna agli uomini ad essere spietati, a non curarsi della sofferenza del vicino, a lottare con ogni mezzo per affermarsi nel mondo del lavoro; premia l’egoismo e il cinismo.

La pubblicità invade le nostre case e le nostre strade; l’uomo perde il suo spirito critico, diviene esclusivamente un consumatore, pensa a tutto, rapporti umani compresi, in termini di guadagno o perdita.

Siamo diventati più aridi; non discutiamo più di questioni filosofiche ed etiche; non siamo più noi stessi ma ci trasformiamo nella maschera che la società e il sistema in cui viviamo esigono da noi; siamo assillati dai bisogni materiali e non coltiviamo il nostro spirito.

Chi lotta, anche solo con piccoli gesti quotidiani, per creare una società migliore viene ammirato a parole, ma in realtà è spesso tacciato di eccessivo idealismo, di scarso senso pratico, a volte persino di stupidità.

I filosofi, i sociologi, gli scrittori e gli artisti ci dicono quasi tutti, anche se in modi diversi, che la direzione che abbiamo imboccato è non solo suicida e amorale, ma anche nociva per il nostro benessere interiore.

Sta a noi ascoltarli e cambiare strada, se siamo ancora in tempo.


Pierfrancesco Celentano

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