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Vittime dell’omofobia

Gennaio. E’ tempo di pensare a tutto ciò che è successo negli ultimi dodici mesi per analizzarne gli aspetti positivi e negativi del 2012. Di certo è stato un anno nero: crisi economica, imu e disoccupazione lo hanno trasformato in un periodo difficile per le tasche degli italiani. Uno degli argomenti più caldi del 2012 è stato sicuramente l’omosessualità, ambito nel quale si scontrano l’opinione tradizionalista e cattolica della famiglia composta esclusivamente dalla coppia etero e quella più innovativa (e già legale in diversi paesi del mondo) dove anche chi ama una persona del suo stesso sesso può sposarsi e, talvolta, anche adottare dei bambini.
Il brutto, però, è che a volte le idee e le discussioni diventano fatti: come è accaduto il 3 marzo scorso quando a Santiago, in Cile, un gruppo di neonazisti ha torturato per ben sei ore (anche tagliando e bruciando parti del corpo) il 24enne Daniel Zamudio, portandolo alla morte dopo circa tre settimane di coma all’ospedale. La colpa? Aveva gusti sessuali diversi dai loro. Oppure essa stava dall’altra parte, nell’omofobia di chi ha compiuto questo delitto? Ma Daniel non è il solo, purtroppo. A due mesi di distanza, il 16 maggio, la sua morte è stata seguita da quella di Cristian Gottardi, un trentottenne ucciso in Trentino Alto Adige da un ragazzo conosciuto due giorni prima che ha così reagito ad una sua proposta sessuale. Analizzando tutta la vicenda, viene spontaneo chiedersi: un “no grazie” non sarebbe bastato? Ma la lista è ancora lunga: il 13 giugno Jadon Higganbothan, un bambino di 4 anni soltanto, viene ucciso dal patrigno, Peter Lucas Moses, che sospetta che il piccolo sia omosessuale a causa di una pacca sul sedere innocentemente data ad un suo amichetto mentre giocavano. Il fatto accade in North Carolina, l’assassino, poligamo, è a capo della società “Black Hebrew” e si descrive come un messaggero di Dio; il bambino è il figlio di una delle sue tante mogli (uccisa anch’essa nel tentativo di difendere il piccolo) avuto da lei dal marito precedente. Non penso ci sia molto da dire: solo che un bambino innocente ha pagato con la vita a causa della malizia negli occhi di qualcun altro. Infine, ultimo ma non meno importante, c’è il caso più recente e più discusso di Andrea, 15enne liceale residente a Roma, che si è tolto la vita impiccandosi con una sciarpa al corrimano di una scala interna in casa propria. Il ragazzo vestiva spesso di rosa e si colorava le unghie con lo smalto: motivazioni sufficienti per i bulli (e anche per alcuni insegnanti) per riempirlo di scherni, sia dal vivo che su una pagina appositamente creata su facebook. È così che il 22 novembre scorso Andrea ha deciso che ne aveva abbastanza, e l’ha fatta finita. In tanti hanno aperto un dibattito: era gay o non lo era? Forse sarebbe meglio limitarsi a dire che era solo un quindicenne con tutta la vita davanti e con tanti sogni da realizzare, indipendentemente dai suoi gusti sessuali.

Sara Servadei