Pubblicato il: 14 Settembre, 2010

Volontari in Madagascar alla riscoperta dell’essenzialità

Sono partiti in dieci, provenienti da diverse città della Sicilia, e hanno vissuto per un mese la vita dei villaggi in Madagascar. Sono ragazzi tra i 20 e i 26 anni, volontari del VIS (Volontariato Internazionale per lo Sviluppo) fondato nel 1986 a Torino. Il VIS offre diversi tipi di volontariato: internazionale, per almeno due anni, servizio civile all’estero e l’esperienza estiva, della durata di un mese e preceduta da una preparazione di circa un anno. Carlo Giambra e Dony Sapienza, di San Cataldo lui e di Catania lei, appena tornati dall’esperienza estiva, ci raccontano il loro viaggio in una delle terre più povere del mondo.

– Cosa vi ha spinto a partire per il Madagascar?

C: Era un desiderio che avevo nel cuore da tempo. Avevo già sentito parlare di esperienze di volontariato in Madagascar e per me l’idea della missione era quella. Si è presentata l’occasione quando Don Domenico Luvarà (salesiano, delegato VIS per la Sicilia) ci ha parlato della scuola di mondialità. Ho deciso di frequentare gli incontri e alla fine mi ha scelto per far parte del gruppo in partenza.

D: Per me è stato come il compimento di un percorso iniziato da tempo, circa otto anni fa quando iniziai a fare volontariato a Librino. Ho frequentato per diversi anni la scuola di mondialità del VIS e finalmente quest’anno sono partita.

– Cosa avete pensato durante i primi giorni?

C: Innanzitutto non c’erano cellulari e internet e devo dire non era per niente male! Mi sono detto: finora abbiamo scherzato adesso basta. E’ stata fin da subito una bella sfida, supportata dalla grandissima meraviglia per quel posto, tanto stupendo quanto povero.

D: Dal momento in cui ho messo piede in Madagascar mi è sembrato tutto nuovo. Riuscivo a vedere ogni cosa con occhi di bambina, meravigliandomi per tutto.

– Com’era la giornata tipo del volontario e del gruppo?

C: La sveglia era prestissimo, alle 6.30. Dopo le preghiere e la colazione si andava con il gruppo in giro per i villaggi fino a mezzogiorno più o meno. Facevamo un po’ di animazione, balli e giochi con i bambini e i ragazzi del villaggio, entusiasti di vederci. Ci accoglievano con canti e sorrisi dolcissimi, come se ci conoscessero da sempre. Poi pranzavamo, mangiando riso o pollo, ma se eravamo nei villaggi restavamo a pranzo con gli abitanti locali. Nel pomeriggio si facevano attività di grest aiutando gli animatori dei villaggi. In alcuni oratori c’erano fino a 1600 bambini per 30 animatori, tutti con le loro fascette colorate in testa. La sera avevamo solo due ore di elettricità, generata da un gruppo elettrogeno, durante le quali, dopo cena, vivevamo momenti di condivisione con il resto del gruppo. Ci sono state molte difficoltà ma insieme abbiamo superato tutto. E’ stato il gruppo la forza di questa esperienza.

D: In un mese abbiamo visitato cinque città tra cui Betafo, Fianarantsoa, Mahajanga e Bemaneviky, dove siamo rimasti per due settimane. Naturalmente oltre a Don Domenico Luvarà, eravamo sempre in compagnia di un missionario salesiano e ci spostavamo a piedi o in jeep. Spesso per fare 30 km impiegavamo anche due ore a causa delle strade in cattive condizioni.

– Cos’è la cosa che vi ha colpito di più?

D: Ci avevano parlato del loro sorriso sincero e sereno, del loro senso di ospitalità, della loro tolleranza. In Madagascar abbiamo potuto appurare che tutto ciò è vero: i loro occhi sono splendide stelle, molto belli ed espressivi.

C: Infatti, i loro sorrisi sono indimenticabili. Hanno un sacco di problemi: povertà, malattie, fame, non possiedono nulla eppure sorridono. Penso sia la fede che gli fa superare tutto, la loro forza interiore è immensa e il fatto di non avere niente gli fa assaporare le piccole cose della vita in modo più intenso, un modo a cui noi non siamo più abituati.

– Pensate di tornarci o avete avuto ripensamenti?

C. e D. : No niente ripensamenti, anzi pensiamo di rifare questa bellissima esperienza. Magari tra un po’ di tempo.

– Quanto vi ha cambiati questa esperienza?

D: Ancora non lo so, siamo tornati da pochi giorni. Però penso di aver imparato l’importanza dell’essenzialità, a partire dal cibo, dai vestiti e da tutte quelle cose che di solito facciamo senza pensare a chi sta peggio di noi.

C: La lezione secondo me è non rimanere indifferenti di fronte a ciò che lì, come in altri paesi del mondo, accade quotidianamente. Dopo il Madagascar ho cominciato ad attivarmi nella raccolta fondi perché lì esistono solo i salesiani e senza il nostro aiuto non potrebbero andare avanti. Non c’è traccia di ONG o altro. Quella gente non esiste per nessuno, i loro villaggi non si trovano su google map.

– Pensate che oggi il volontariato, a seguito anche dei tagli al Servizio Civile, abbia più un senso?

D: Si, ha sempre un senso, tagli o no. E’ brutto che non si riconosca il merito del volontariato, ma non è un alibi per smettere.

C: Il volontariato, come dice la stessa parola, è qualcosa che si fa volontariamente, che piace. Se si fa con amore e passione è sempre utile, al di là dei tagli. Implica maggiori sacrifici, soprattutto economici, ma è dovere di chi sta meglio aiutare chi sta peggio.

Giuseppina Cuccia

Foto realizzata da Sebastiano Auteri

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