1906 – Milan campione ma il calcio rischia l’estinzione – I^ parte
La nuova edizione del campionato italiano rischiò di essere ricordata dagli annali non solo per la vittoria del Milan a seguito della rinuncia della Juventus, ma anche per la rottura di certi equilibri.
Costellata da molte polemiche, rinunce, partite ripetute per invasioni di campo e tafferugli, il calcio in Italia rischiava di arrestarsi definitivamente e abbandonare i buoni propositi grazie ai quali si era espanso rapidamente. Cinque furono le società iscritte ma almeno tre partite si dovettero ripetere e il Piemonte, regione assai ricca dal punto di vista calcistico, stando alle edizioni precedenti, fu rappresentato solo da una società: la Juventus, che tentò, per la verità senza riuscirvi, di ripetere le gesta dell’anno precedente.
Promozione sociale
L’Italia viveva un periodo di ripresa economica. La riorganizzazione politico-sociale aveva portato al riconoscimento dei Sindacati e a una maggiore considerazione dei lavoratori nelle industrie; da qui partirono i primi tentativi di equiparazione di trattamento tra i vari mestieri. Frutto di questo rinnovamento furono le idee Marxiste e la Rivoluzione Industriale che si era sviluppata nel XIX secolo. Nascevano le prime ferrovie, il commercio con i territori extra-nazionali cominciò ad essere considerato fonte di sviluppo, un po’ come avveniva in tempi assai remoti. Venne fondata la CGL (Confederazione Generale del Lavoro). Anche il calcio risentì di questo “tentativo rudimentale” di globalizzazione. Infatti la F.I.F. (Federazione Italiana Football) si era appena iscritta alla F.I.F.A. (Federazione mondiale del calcio) e questo processo di internazionalizzazione aprì nuove frontiere. Spianò la strada per la nascita della Nazionale Italiana di calcio che doveva adeguarsi alle nazionali europee, che già da qualche anno si cimentavano in incontri, inizialmente amichevoli, per provare il livello di gioco che era maturato nei diversi stati. L’Italia da questo punto di vista arrivò parecchio in ritardo e questo spiegò l’enorme difficoltà che la nostra nazionale incontrò nei primi incontri con le pari grado europee. Sono nel 1910 l’Italia ebbe una sua squadra e si trattò di primi tentativi di amichevole con squadre di club inglesi. Una squadra ibrida che raccoglieva i migliori talenti del campionato e dunque anche parecchi stranieri. Questo, in futuro, assieme alle prestazioni poco edificanti, portò all’espandersi di malumori che scaturiranno nella decisione di convocare in nazionale, almeno fino alla parentesi degli “oriundi”, solo giocatori nati e cresciuti calcisticamente in Italia.
Tentativi di professionismo
Nonostante l’ambiente del calcio attraversasse la sua prima grande crisi, il movimento “football” in Italia era molto fervente. Dagli altipiani dell’organizzazione calcistica si cominciò a discutere di compensi. Il calcio occupava una porzione di tempo importante nella vita degli atleti. L’impegno e la fatica erano notevolmente aumentati. Lo sport aveva fama nazionale e nonostante fossero ancora tre le regioni “predilette” per la contesa dell’alloro finale, si sentì l’esigenza di non considerare più il foot-ball come un semplice hobby. I tempi del professionismo erano ancora lontani ma la vita sociale del calciatore andava tutelata. Così le società si organizzarono per garantire vitto e alloggio assicurati ai membri della squadra e qualcosa di più per i giocatori più rappresentativi: la sistemazione economica. Il calciatore veniva impegnato svariati mesi, a differenza delle prime edizioni, quando in un paio di giorni, addirittura in un giorno stesso, i giochi erano fatti e si tornava al lavoro di sempre. Da qualche anno a questa parte il campionato era diventato più impegnativo sia da un punto di vista fisico che da quello squisitamente temporale. L’edizione precedente, seppur considerando solo alcuni giorni, si era svolta da febbraio ad aprile, quella del 1906 da gennaio ad aprile, escludendo febbraio, mese in cui non furono disputati incontri.
Girolamo Ferlito