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A chi serve l’Azienda Siciliana Trasporti?

Due mesi fa, i più alti esponenti delle istituzioni catanesi hanno intrapreso un simbolico viaggio in treno fino a Palermo, per denunciare lo stato del trasporto ferroviario in Sicilia. Ad attenderli al capolinea c’era il presidente della Regione Raffaele Lombardo, pronto a lamentare le inadempienze di “Trenitalia” e quelle cinque ore di binari che separano i due capoluoghi. Chissà se qualcuno di loro ha mai pensato di mettere alla prova il trasporto extraurbano su gomma. Pare che finora non l’abbiano mai fatto, accontentandosi di amministrarne la routine: l’Azienda Siciliana Trasporti ha un capitale sociale di due milioni e cinquecentomila euro, centosettanta linee extraurbane e oltre quaranta urbane distribuite in sei province e, quel che più conta, è interamente di proprietà della Regione Sicilia, che sessantadue anni fa l’ha fondata e continua a dirigerla in splendida solitudine. Nessuna temperie privatistica è mai riuscita a scalfire il monopolio pubblico dell’azienda, in un Paese in cui nulla è rimasto indenne all’ondata di privatizzazioni degli anni ’90. Ci si sarebbe attesi, dunque, una gestione oculata e un servizio efficiente e di qualità. Invece, l’AST vara ogni anno un bilancio consuntivo con perdite in media superiori ai tre milioni di euro. Eroga ai clienti delle prestazioni sconcertanti, con tariffe elevate in titoli di viaggio e abbonamenti. L’Ente regionale spende circa trenta milioni di euro l’anno per sostenerne le attività, ma il servizio consiste in vetture antiquate, a volte sporche e danneggiate, che collezionano ritardi, corse mancate e spesso, addirittura, guasti lungo il percorso, che costringono i pendolari ad aspettare l’autobus successivo. Per la fascia compresa tra i quindici e i venti chilometri, un viaggio di sola andata costa Euro 2,20: accade, ad esempio, di dover fare tale spesa per la classica tratta Acireale – Catania, un tragitto di appena quindici chilometri, coperto in una media di un’ora. Persino “Trenitalia” garantisce lo stesso percorso con 2 euro esatte e in undici minuti di viaggio. Un abbonamento mensile per la stessa tratta costa Euro 53.20, a fronte di 33 euro di quello ferroviario. L’utilità pubblica dei servizi AST è ormai interamente delegata all’utenza scolastica, per la quale i Comuni offrono abbonamenti mensili. Gli altri tipi di pendolari sono in costante diminuzione, scoraggiati da ritardi, disservizi e tariffe elevatissime. I reclami e le rimostranze appartengono al passato, poiché a viaggiare in autobus, rimangono coloro che non hanno alternative e sono perciò pronti a tutto. Gli orari d’utenza scolastica costituiscono vere e proprie fasce protette, con corse garantite; per il resto della giornata, la tabella diviene carta straccia. I vertici e la struttura societaria sono interamente di nomina politica, fra ex deputati regionali, cortigiani e fiduciari di Palazzo d’Orleans. Ci chiediamo: a chi giova l’AST, l’unica azienda al mondo la cui sopravvivenza prescinde da qualità, efficienza e utilità pubblica?

Enrico Sciuto