A proposito di PON e POR
Forse pochi sanno cosa sono i bandi PON e POR Istruzione, perché vengono emessi, a cosa servono e a chi sono rivolti. Innanzitutto sono le scuole a essere coinvolte in prima persona. All’interno del Quadro Strategico Nazionale (QSN), sono definite le strategie tramite cui l’Italia si impegna a raggiungere gli obiettivi di produttività e competitività del Paese, tenendo conto delle diverse situazioni regionali. Per fare ciò nel QSN sono declinati i Programmi Operativi Nazionali (PON) e i Piani Operativi Regionali (POR). Ma le risorse destinate al PON Istruzione riguardano solo le seguenti regioni: Campania, Calabria, Puglia, Sicilia (che fanno parte dell’Obiettivo Convergenza) e Sardegna, Abruzzo, Molise e Basilicata (che attingono ai soli finanziamenti del Fondo per le Aree Sottosviluppate – FAS). Invece i POR riguardano tutte le regioni e sono finanziati da risorse comunitarie e nazionali, provenienti dal bilancio europeo e dal bilancio nazionale. Questi sono finalizzati a garantire che gli obiettivi di competitività siano raggiunti da tutti i territori regionali e devono tenere contro di quattro macro – obiettivi:
1. sviluppare i circuiti della conoscenza
2. crescere la qualità della vita, la sicurezza e l’inclusione sociale nei territori
3. potenziare le filiere produttive, i servizi e la concorrenza
4. internazionalizzare e modernizzare.
Sembrerebbe una cosa a dir poco seria. Lodevoli i progetti delle scuole relativi al reclutamento di esperti e docenti che sappiano portare avanti un lavoro con gli studenti e trasmettere loro delle conoscenze specifiche in vari campi (informatica, inglese, lingua italiana, storia patria, arabo e chi più ne ha più ne metta). Il problema è come vengono reclutati i formatori. I bandi, indetti dalle scuole, sono pubblici, e possono accedervi laureati e diplomati in possesso di varie competenze e esperienze. Chissà perché però vengono affissi (non sempre) solo all’interno delle scuole stesse. Spesso il tempo di consegna delle domande è molto ridotto (una settimana o poco più) e la cosa più strana è che solo chi lavora già a vario titolo nella scuola promotrice del progetto viene assunto. Ciò significa che per gli estranei non c’è posto e che se cercano un esperto in lingua siciliana, tu, neolaureato qualunque, anche se hai sostenuto più esami relativi all’argomento, devi sapere che nel 90% dei casi non verrai scelto. Perché in quella scuola nessuno ti conosce, non hai mai fatto altre esperienze di insegnamento in corsi finanziati da PON e POR e perciò, come un circolo vizioso, sei destinato a non lavorare mai (o quasi) in questo settore. Parimenti discutibile è il valore finale di questi progetti. Sono veramente utili agli studenti o servono solo a tenerli occupati il pomeriggio e a far si che si creino delle scusanti per non fare i “tradizionali” compiti per casa? Ai posteri l’ardua sentenza.
Giuseppina Cuccia