A volte ritornano: “il doppio Stato”
Quarant’anni dopo la strage di Piazza Fontana e la morte di Giuseppe Pinelli, opinionisti di tutte le scuole litigano sulla teoria del “doppio Stato”. A dare la stura a questa controversia, è stato un commento di Pierluigi Battista sulle colonne del “Corriere della Sera”, in cui il discorso del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, tenuto in occasione del “Giorno della Memoria dedicato alle vittime del terrorismo”, è brandito come una clava con cui colpire tutti: giornalisti, scrittori, storici e divulgatori. Questi avrebbero in comune una colpa, quella di aver promosso la “teoria del doppio stato”, cioè quell’idea che, secondo Battista, il Presidente della Repubblica avrebbe condannato, quasi con toni da autorità statale teocratica. In realtà, il Presidente Napolitano ha pronunciato un discorso equilibrato, senza giudicare le verità processuali accertate, ma invitando tutte le parti a riconoscersi nelle sentenze dei Tribunali, nell’intento di ricostruire una Storia nazionale condivisa. Napolitano ha fatto peraltro esplicito riferimento a «quanto è rimasto incompiuto nel cammino della verità e della giustizia» e «all’ambiguità e insufficienza di risposte alle aspettative dei familiari delle vittime», senza dare adito a dubbi in merito a una qualsiasi ansia liquidazionista, rivolta a seppellire le ingiustizie impunite o a nascondere i persistenti problemi di ricomposizione di una storia condivisa. L’unica affermazione categorica e univoca, il Presidente l’ha riservata alla teoria del “doppio Stato”, bollata laicamente come “fantomatica”, che -Battista dovrebbe convenire- non è sinonimo di “blasfema”. Fin qui nulla di che: anche se l’avesse pensato, il Presidente della Repubblica non avrebbe mai potuto asserire di rappresentare il vertice istituzionale di quello che nei decenni scorsi avrebbe agito come un “doppio Stato”, sintesi di uno Stato “buono”, cioè democratico, e di uno “cattivo”, ovvero golpista. Pierluigi Battista è un giornalista dalla faziosità viscerale e a tratti grottesca, neanche questo è un fatto nuovo. Ciò che davvero sconcerta è che, per prendersela con lui, giornalisti come Marco Travaglio abbiano sentito il bisogno di attaccare Napolitano, sulla base della stessa interpretazione distorta del suo discorso fornita dall’editorialista del “Corriere della Sera”. Pur essendo, di norma, il Capo dello Stato costituzionalmente irresponsabile dei propri atti, questi impersona un’autorità laica, dunque è perfettamente legittimo criticare i suoi argomenti, pur col dovuto rispetto. Solo che, stavolta, Travaglio e i suoi critici non ne devono davvero averne letto il discorso. Molte sono le reticenze e le omissioni di Giorgio Napolitano e del suo partito storico sui Misteri d’Italia e sul “Segreto di Stato”. Le più gravi risalgono alla sua esperienza di Ministro dell’Interno del primo governo Prodi. Ma non sarà la teoria del “doppio stato”, nella sua ipocrisia e incompletezza, a ristabilire la verità sulle stragi.
Enrico Sciuto