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Alda Merini: quando la biografia è la foce della poesia

Una vita, quella di una delle più grandi figure letterarie femminili del novecento, fatta di creazioni profonde, talvolta visionarie: quasi fossero “liriche della sofferenza“. E ci mette in guardia l’inquieta scrittrice: “Non cercate di prendere i poeti perché vi scapperanno tra le dita”, come a voler avvertire i lettori incauti sui limiti della comprensione di un testo poetico, in particolare dei suoi. Nella grande arteria di una poesia scorre della biografia a volte amara, impregnata di eventi che uno scrittore non riuscirà, nemmeno con tanta buona volontà a staccare mai dalle parole perché quella e queste si fondono donandoci il quadro di un’esistenza. Quando la sensibilità straborda quasi sembra di impazzire: le immagini mentali e dell’anima da trasformare in parole sono tante, troppe, si rischia di impazzire. Non tutti riescono a cogliere quello che un poeta vede. non in rari casi, è solo il poeta che riesce a vedere certe cose. Nata a Milano, il 21 marzo 1931, Alda Merini, viene internata per la prima volta nel 1947: ha sedici anni. Produce in grandi quantità testi sulla drammatica e dura esperienza del manicomio. Rivolge i suoi “grazie poetici” ai medici che la aiutano, la prendono in cura, dedicando loro diverse poesie. Lei è una che non si perde in perifrasi: riesce a racchiudere mille emozioni in una parola sola e descrive l’esperienza di essere diversa in modo conciso, chiaro e lampante. Essere diversi non è una condanna ed in una poesia, “Mi sono innamorata” dove scrive: “mi sono innamorata di me e dei miei tormenti.” Alda lo dimostra. Ogni parola è nata ed è stata appoggiata su un foglio perché era proprio quella che lei cercava e quella stessa ha spiegato la sua emozione come un fulmine a ciel sereno. Nel 1991 viene pubblicato “vuoto d’amore” , una raccolta di confessioni lucide attraverso le quali la poetessa interroga se stessa su tante cose della sua vita e scrive:

Sono nata il ventuno a primavera
ma non sapevo che nascere folle,
aprire le zolle
potesse scatenar tempesta.
Così Proserpina lieve
vede piovere sulle erbe,
sui grossi frumenti gentili
e piange sempre la sera.
Forse è la sua preghiera
“.

Il vuoto d’amore: un’agonia che rende più dolce scrivendo di se stessa. Se non avesse vissuto questi tormenti dell’anima rendendoceli sotto questa forma, chi sarebbe oggi Alda Merini?

Graziella Grisiglione