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Amabili resti

Susie Salmon è una tranquilla ragazzina di 14 anni, appassionata di fotografia ed in cerca del primo amore. Un giorno tornando da scuola, Susie si fa convincere ingenuamente dal suo vicino di casa, il signor Harvey, a visitare un luogo sottoterra che lui dice di aver costruito per i bambini del luogo. È una trappola.  Lì l’uomo la uccide e ne nasconde il corpo. Iniziano così le indagini per scovare l’assassino con l’aiuto del padre di Susie che è ossessionato dall’accaduto e non riesce a darsi pace. Per Susie invece inizia una nuova vita, un limbo che non è né terra né paradiso, un luogo in cui si mischiano vicende e ricordi reali con atmosfere e paesaggi fantasiosi, nel quale incontrerà altre bambine come lei.

Dopo le fatiche della trilogia del “Signore degli anelli”, il regista neozelandese Peter Jackson prova nuovamente la sfida dell’immaginario adattando per il grande schermo l’omonimo romanzo della scrittrice statunitense Alice Sebold. Lo scorrere del film risulta talvolta frammentato a causa della successione non lineare degli eventi. C’è una costante sovrapposizione di livelli temporali e narrativi spesso senza alcun senso. Jackson a volte eccede nella caratterizzazione dei personaggi e delle scene e non riesce a dare un ritratto psicologico profondo. Si limita a mostrare i personaggi tramite le loro azioni. Anche l’ottima prova di Stanley Tucci, nelle vesti del signor Harvey, viene vanificata da un esame interiore vago del personaggio. Nonostante ciò il film risulta gradevole, anche se alcune scene possono apparire ridicole o di troppo. Da Jackson, dopo “Il signore degli anelli”, ci si aspettava di più. Ci si aspettava un percorso più emozionale, e non per forza visivo, e per questo quello che poteva essere un film quantomeno da 7 diventa invece una pellicola nella media, apprezzabile soprattutto per gli effetti speciali.

Diego Bonomo