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Anche il cinema dimentica Katyn

Da poche settimane è uscito nelle sale italiane il film “Katyn” di Andrzey Wayda, che ricostruisce l’eccidio di ventiduemila prigionieri di guerra Polacchi da parte dei Sovietici, avvenuto nel 1940 nella foresta presso Katyn, in Polonia.

Nel 1943 i nazisti scoprirono i corpi riversi nella fossa comune e denunciarono l’episodio attraverso Radio Berlino; Goebbels riuscì per qualche mese a screditare Stalin e il suo governo agli occhi del mondo, facendo di tutto perché la verità venisse a galla.

Tuttavia, i Sovietici attribuirono la responsabilità della strage agli stessi nazisti, sostenendo che questa fosse stata compiuta nel 1941, quando le truppe di Hitler si trovavano nei pressi della zona di Katyn.

Le autopsie eseguite sui cadaveri negli anni successivi dimostrarono senza ombra di dubbio che la morte dei prigionieri polacchi doveva essere datata nel 1940, quindi che la responsabilità del massacro cadeva inequivocabilmente sui Sovietici, i quali controllavano la zona in quel momento.

Stalin decise di eliminare i prigionieri di guerra polacchi soprattutto perché tra questi vi erano molti ufficiali e membri dell’intellighenzia, che costituivano la futura classe dirigente del paese; essi erano ostili all’alleanza con l’Unione Sovietica, nel quale vedevano giustamente un grosso pericolo per la libertà del loro paese.

Purtroppo per i Polacchi, gli Alleati consideravano molto più importante mantenere salda l’alleanza con l’unione Sovietica, piuttosto che far emergere la verità sull’eccidio.

Così, nonostante Roosevelt e Churchill fossero probabilmente al corrente della responsabilità di Stalin nella strage, la verità rimase sommersa fino agli anni ’90, quando Gorbaciov prima e Eltsin poi ammisero le colpe russe.

Sorprende, però, che ancora oggi la verità sull’episodio non sia stata affermata una volta per tutte e non sia unanimemente condivisa da tutte le parti in causa.

Putin si mostra ancora recalcitrante a diffondere le notizie su Katyn e, pur riconoscendo l’ormai lapalissiana responsabilità sovietica, non fa nulla affinché il suo popolo possa venire a conoscenza dei crimini perpetrati da Stalin, che gode ancora di un’incredibile popolarità tra i cittadini russi.

Passando a quanto avviene in Italia, è scandaloso che il film di Andrzey Wayda venga proiettato in appena una decina di sale del territorio nazionale, tanto da indurre il regista polacco a dire che il suo film nel nostro paese venga proiettato quasi in maniera clandestina.

Qualcuno, da destra, ritiene che la responsabilità sia da attribuire a settori della sinistra italiana, ancora recalcitranti ad ammettere i crimini staliniani e a favorire la diffusione della verità.

Questo argomento sembra però completamente campato in aria: ormai i crimini di Stalin, almeno in Italia, sono stati ampiamente messi in luce e, quand’anche questo non fosse stato fatto in maniera sufficiente, non ci sembra che nel nostro paese vi siano così tanti “nostalgici dello stalinismo” da riuscire a boicottare l’uscita di un film.

Probabile è invece che “Katyn” sia da un lato vittima dell’effettiva pressione russa, magari indiretta o mascherata, tesa ad evitare le diffusione di un film ritenuto scomodo dal signore del Cremlino, ma dall’altro anche e soprattutto di supposte ragioni di profitto, che vedono il film di Wayda incapace di attirare il grande pubblico.

Alla luce di quanto detto, non possiamo che concordare con un grande cantautore, quando dice che “siamo figli delle stelle e pronipoti di sua maestà il denaro”.

Celentano Pierfrancesco